
In questi giorni le nostre comunità hanno ricevuto molte indicazioni: sulla ripresa delle celebrazioni, sul tempo estivo, … tutte cose importanti e necessarie, che stanno richiedendo molti sforzi e che occupano la testa dei pastori. In molti però avvertiamo anche l’esigenza di continuare ad ascoltare e custodire ciò che abbiamo vissuto. Sappiamo che l’ambito della famiglia e del mondo degli adulti è meno oggetto di proposte, appuntamenti e scadenze pastorali; al tempo stesso è stato ed è il vero protagonista di questo periodo. Forse allora può diventare lo spazio di qualche riflessione più gratuita e meno funzionale.
Come équipe di pastorale familiare abbiamo pensato di condividere con voi qualche pensiero, senza la pretesa di tirare nessuna conclusione. Cominciamo da questi due.
Anzitutto ciò che è accaduto, e che tuttora stiamo vivendo, ha coinciso in modo provvidenziale con due cosiddetti “tempi liturgici forti”: la Quaresima e il tempo di Pasqua.
La Quaresima di quest’anno non è stata “organizzata” da noi, ma accolta… nel deserto infatti si viene condotti: l’esperienza della fragilità non si è ridotta al rito delle ceneri, ma è diventata consapevolezza quotidiana; le tre opere quaresimali e i nostri “fioretti” hanno lasciato spazio alla realtà da accogliere giorno per giorno; i nostri appuntamenti formativi e le nostre liturgie sono stati sostituiti dal silenzio e dalla preghiera personale e domestica; l’ingordigia del “fare” è stata educata dal digiuno da buona parte degli impegni; l’impossibilità di vedersi e il carattere “pandemico” (di tutto il popolo) di questo contagio si è tradotto in un senso di comunione molto forte… Da tempo non facevamo una quaresima così autentica, così tutti “sulla stessa barca”.
La Pasqua poi è stata vissuta in una forma inedita, senza la dimensione rituale e tradizionale con tutto il suo significato teologico e il suo valore affettivo. Mai però come quest’anno abbiamo compreso il senso vero e profondo della lavanda dei piedi, del dono della vita, ma come quest’anno abbiamo potuto vivere il silenzio e lo smarrimento del sabato santo e l’attesa della resurrezione.
Queste note estremamente parziali, che forse non valgono allo stesso modo per tutti, non hanno l’intenzione di fare della poesia sul dramma che stiamo attraversando, ma di riconoscere con gratitudine che Dio parla nella storia, che il Signore è fedele, che passa e opera sempre; egli guida, accompagna ed educa il suo popolo in ogni tempo e in ogni deserto.
Non noi al centro, ma la vita accolta; non l’organizzazione, ma il tentativo di leggere nella fede ciò che accade… insomma, una Chiesa che, come gli Atti ci narrano in questi giorni, cresce più attraverso le sfide e le crisi che attraverso piani pastorali. Il tempo liturgico ci ha accompagnato, donandoci uno sguardo che va oltre la superficie degli accadimenti. Sapremo far tesoro di questo? Sapremo rimanere in ascolto?
In questi giorni stiamo riprendendo a celebrare insieme, per molto tempo abbiamo dovuto fare a meno dell’Eucarestia, non abbiamo potuto nutrirci del corpo del Signore, perfino le prime comunioni sono saltate.
Eppure abbiamo fatto comunione con tutti gli uomini nel disagio di stare in casa, nella possibilità o nella paura di contrarre il virus, di poter contagiare i propri cari, tutti rivestiti della stessa umanità e fragilità, ricchi e poveri, cristiani e non cristiani.
Certo ci è mancato il pane eucaristico, ma non siamo rimasti digiuni del corpo di Cristo accolto, curato, servito nella persone che hanno vissuto il lockdown con noi; non siamo rimasti senza l’affetto di tante persone con cui abbiamo condiviso pensieri, preoccupazioni e preghiere; non ci è stata tolta la testimonianza di molte persone che hanno offerto il proprio corpo per prendersi cura di altri corpi, per dare vita ad altri; non ci siamo sentiti soli, ma anche grazie al Papa noi popolo di Dio abbiamo scoperto di poter essere preghiera e supplica di misericordia per tutti gli uomini e abbiamo vissuto l’universalità della Chiesa.
Noi siamo il Corpo di Cristo; siamo eucaristia gli uni per gli altri, avviati verso questa verità ultima: Cristo tutto in tutti. E ora torniamo a celebrare. Sapremo portarci dentro questa consapevolezza?
L’équipe di pastorale familiare