

Domenica 26 Giugno 2022
XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Prima lettura 1Re 19,16.19-21 Eliseo si alzò e seguì Elìa.
Salmo responsoriale Sal 15 Sei tu, Signore, l’unico mio bene.
Seconda lettura Gal 5,1.13-18 Siete stati chiamati alla libertà.
Vangelo Lc 9,51-62 Prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme. Ti seguirò ovunque tu vada.
LIBERI PER DIRE ECCOMI
La Liturgia che la Chiesa ci dona in questa XIII Domenica del tempo ordinario ci stimola a riflettere sulla nostra risposta personale, sul nostro “eccomi” da pronunciare quotidianamente.
Nel Vangelo incontriamo diverse reazioni di fronte all’incontro con Gesù; c’è il personaggio entusiasta che si offre con apparente carica e disponibilità ma di fronte al quale Gesù pone con cruda chiarezza le condizioni per la sequela “le volpi hanno le loro tane, gli uccelli del cielo i loro nidi ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Gesù chiede in altre parole un discernimento più profondo per una scelta più consapevole.
Poi incontriamo il secondo personaggio che riceve la proposta da Gesù “Seguimi“; ma questa volta è l’uomo che pone condizioni, se pur comprensibili, di fronte alla chiamata e Gesù pare svelare un attaccamento a una storia personale che diventa alibi per restare prigionieri delle vecchie logiche. Infine una terza storia in cui ancora un uomo si propone per la sequela ma mette subito in campo dei “se e dei ma” ; infatti la frase “Lascia che mi congedi da quelli di casa mia“ lascia intravedere una persona non ancora risolta, non ancora libera e affettivamente ancorata a tante certezze terrene.
Che differenza tra queste risposte e il si di Maria: “eccomi sono la serva del Signore avvenga di me secondo la tua Parola” o in altri termini sono qui perché la tua Parola si compia attraverso di me e in me. Per noi sposi per le nostre famiglie, per le nostre comunità questo è l’essenziale, ciò che ci dà libertà: l’essere strumento della Parola di Dio. Ma per esserlo occorre che la Parola di Dio sia ascoltata, accolta, custodita e amata.
L’ascolto della Parola tuttavia non può essere puro esercizio intellettuale ma deve incarnarsi nel nostro quotidiano, nell’ordinarietà delle nostre vite. Tutti i giorni dobbiamo capire per quale via seguire il Signore attraverso un discernimento personale, di coppia e a volte familiare. La Parola ci raggiunge proprio là dove siamo; la fatica del cambiare la logica del mondo con la logica di Dio, lo sforzo del rinunciare al porre condizioni per dire con libertà il nostro Eccomi, ci condurranno con gioia a riconoscere il compiersi della Parola non certo per i nostri meriti ma per grazia e il contemplare ogni giorno l’opera del Signore, contribuirà alla crescita di quelle piccole chiese domestiche che sono le nostre famiglie.
Alessandra e Carlo – Unità pastorale Padre Misericordioso in Reggio Emilia
Domenica 19 Giugno 2022
SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO C)
Prima lettura Gen 14,18-20 Offrì pane e vino.
Salmo responsoriale Sal 109 Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore.
Seconda lettura 1Cor 11,23-26 Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore.
Vangelo Lc 9,11-17 Tutti mangiarono a sazietà.
Fermandoci a ragionare sul significato della solennità del Corpus Domini, potrebbe sembrarci di avere a che fare con qualcosa che ci tocca in modo marginale e che ci mette di fronte a qualcosa di veramente grande, ma distante da noi, qualcosa che riguarda Gesù, la sua immensità, il suo essere, col Padre e con lo Spirito, un Dio veramente troppo difficile da comprendere e da incontrare. Se però entriamo nelle Letture che la Chiesa ci consegna scopriamo che questa solennità dice tanto di quello che le nostre comunità e le nostre famiglie dovrebbero essere. Ci dicono di un Gesù che nel nostro quotidiano ci provoca nel metterci al servizio dei fratelli. Dice alle nostre vite: “Date voi stessi loro da mangiare”, date voi stessi da mangiare ai vostri sposi, ai vostri figli, ai vostri genitori, ai vostri fratelli a quelli che incontrate nei luoghi di lavoro, nelle vostre comunità. Scopriamo allora un Dio che, sì, nutre i suoi figli, ma che, per farlo, chiede il nostro aiuto. Ha bisogno di quel cinque pani e di quel due pesci, di quel poco che possiamo metterci con le nostre vite sgangherate e sfasciate per manifestarsi nelle vite dei fratelli. Nella solennità in cui celebriamo quelli che sono “il cibo” e “la bevanda” per eccellenza il Signore ci dice: “Siate voi il cibo, siate voi la bevanda!”. Riscopriamo allora come il nostro accostarci al Corpo ed al Sangue del Signore deve farci diventare pane e vino per i nostri fratelli. Scopriamo come si debba vivere nel concreto quel sacerdozio che abbiamo ricevuto nel Battesimo. Un sacerdozio come quello di Melchìsedek, che “offre” a Dio per la vittoria di Abramo. A nostra volta dobbiamo “offrire” a Dio per il Signore che nell’Eucarestia si fa presente nella nostra vita. Dobbiamo riconsegnare a Dio le nostre vite: nel nostro quotidiano, nel fare la spesa, nel tirare lo straccio, nello scambiarci un sorriso o una parola di conforto, in famiglia o nella comunità. Spesso pensiamo che il Signore ci chieda cose impossibili, cose al di fuori della nostra portata. Spesso, troppo spesso, pensiamo che ci chieda di dare noi da mangiare a cinquemila persone, con le nostre sole forze, senza il suo aiuto. E invece la sua richiesta è quella di farci suo strumento, di fidarci di Lui ed affidarci al suo disegno. E’ un Signore che ci chiede di distribuire un pane per i fratelli, pane del quale anche noi, per primi, ci nutriamo e ci saziamo. Negli anni allora abbiamo scoperto che è questo il passaggio che ci libera dalle ansie di prestazione e dal sentirci sempre inadeguati. E’ nell’accostarci a quel Corpo e a quel Sangue del Signore che possiamo diventare pane per le persone che incontriamo. È questo il modo nel quale Gesù ci chiede di dare noi da mangiare ai nostri fratelli: metterci alla sua sequela, attingere continuamente dall’Eucarestia, fare in modo che tutti riconoscano in ognuno di noi la presenza del Cristo nelle loro vite. È questo il modo in cui il mistero di questa solennità diventa vivo e concreto nel nostro quotidiano, nella nostra storia, nella nostra vita.
Barbara e Andrea – Unità pastorale Padre Misericordioso in Reggio Emilia
Domenica 12 Giugno 2022
SANTISSIMA TRINITA’ (ANNO C)
Prima lettura Pr 8,22-31 Prima che la terra fosse, già la Sapienza era generata.
Salmo responsoriale Sal 8 O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Seconda lettura Rm 5,1-5 Andiamo a Dio per mezzo di Cristo, nella carità diffusa in noi dallo Spirito.
Vangelo Gv 16,12-15 Tutto quello che il Padre possiede è mio; lo Spirito prenderà del mio e ve lo annuncerà.
Anche in questa domenica in cui si celebra la Santissima Trinità, scegliamo di recitare l’invocazione allo Spirito Santo, per meglio aprire i nostri cuori all’ascolto delle letture proposte. Le parole dell’apostolo Paolo e il Vangelo inizialmente ci lasciano un po’ disorientati… ma confrontandoci gli uni gli altri ci accorgiamo che il messaggio è rivolto anche alle nostre famiglie. Le parole chiave infatti che ci colpiscono già dall’inizio sono: amore, condivisione, speranza e sapienza. Il nostro Dio nella sua grandissima saggezza che lo anima, non vuole godere dell’amore lui solo: sa che l’amore fine a sé stesso non ha senso e quindi lo condivide con il Figlio Gesù e con lo Spirito Santo. Il nostro Signore non rimane solo, non è isolato, come invece capita in altre religioni. Gesù ci dice: “Tutto quello che il Padre possiede è mio”; non si parla tanto di beni materiali ma il riferimento è senz’altro ad una completezza di spirito e di cuore che ci viene proposta come esempio per raggiungere un amore vero, maturo che ha il sapore dell’eterno. Nelle nostre famiglie siamo chiamati all’apertura all’altro, indispensabile se vogliamo che l’amore sia per sempre. L’egoismo ci blocca, allontana, fa morire la coppia e ostacola il rapporto con i figli. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, ciascuno con il proprio ruolo, si completano e ci dimostrano che questa realtà è possibile. In famiglia prendiamo atto da subito delle diversità dell’uno e dell’altro e se questa non è accettata può portare spesso a incomprensioni e separazioni. Se impariamo invece ad apprezzarla, essa può diventare una ricchezza: “l’uno completa l’altro”. Il matrimonio così cammina, cambia, migliora, si proietta in un orizzonte più ampio. L’altro se ascoltato e capito può diventare parola di Dio. Poi notiamo che nel Vangelo di oggi si parla sempre al futuro… “Lo Spirito della verità vi guiderà a tutta la verità”, “Vi dirà tutto ciò che avrà udito”. Papa Francesco ci dice che “se la Chiesa, e noi oseremmo aggiungere la famiglia, si chiude, se non è in uscita e se non si apre, si ammala”. Sulle nostre famiglie c’è un progetto d’amore voluto da Dio proiettato oltre la morte. Purtroppo la nostra natura umana fragile e spesso inadeguata non capisce, si arrende davanti alle inevitabili sofferenze e tribolazioni della vita. Ci è data la chiave per superare questi momenti di debolezza: invochiamo lo Spirito Santo, lui ci darà la forza, lui ci chiarirà quello che non capiamo. Gesù ci dice: “Abbiate fede”; ogni volta che sull’altare nell’Eucarestia viene spezzato il pane e condiviso con noi, Gesù si fa partecipe della nostra realtà, si rinnova in noi la potenza della sua Resurrezione. Noi fragili e piccoli ma… Figli di Dio che portano nel cuore una parte dell’essenza del Nostro Padre celeste, possiamo riconoscerla e aprire gli occhi alla speranza nei momenti più bui. E’ una presa di coscienza che, pur nella nostra pochezza, come recita il Salmo 8, Dio Padre “ci ha fatti custodi del suo creato, ci ha dato potere sulle opere delle sue mani, tutto ha posto sotto i nostri piedi”. Il nostro Dio nella sua immensa sapienza, rende ogni cosa bellissima e fonte di meraviglia tanto che possiamo anche nelle nostre famiglie, se apriamo gli occhi, vedere i miracoli che si compiono nella vita quotidiana. La Madonna, corredentrice dell’opera della redenzione della Santa Trinità, ci ricorda che nella fiducia nell’azione di Dio tutto è possibile. Dall’Annunciazione fino alla realtà del Cenacolo con gli apostoli, Maria ci suggerisce che “nulla è impossibile a Dio”. Allora quello che oggi ci viene dal cuore è un grande grazie per il dono di essere cristiani, per il dono della famiglia e una supplica a Dio per chi ancora è lontano o non crede che anche per noi è possibile vivere un amore divino che ci dà la forza di dire al nostro sposo o sposa: “ti amo da morire” come ha fatto Gesù per noi.
Gli amici di Padre Francesco
Domenica 5 Giugno 2022
DOMENICA DI PENTECOSTE – MESSA DEL GIORNO (ANNO C)
Prima lettura At 2,1-11 Tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare.
Salmo responsoriale Sal 103 Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.
Seconda lettura Rm 8,8-17 Quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio.
Vangelo Gv 14,15-16.23-26 Lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa.
Commento 1
Siamo un gruppo di famiglie provenienti da diverse realtà e da differenti parrocchie, ma ci ha fatto conoscere l’opera di pastorale famigliare voluta a Reggio Emilia da Padre Francesco Caniato del centro di spiritualità dei Gesuiti a Baragalla negli anni ’70. Così per meditare la liturgia di questa domenica, in cui la Chiesa celebra la Pentecoste, abbiamo deciso di trovarci insieme davanti a Gesù Eucarestia. La nostra meditazione è iniziata con l’invocazione allo Spirito Santo, preghiera che, come qualcuno di noi ha sottolineato, dovrebbe essere stampata nel cuore, centellinata, assaporata, per lasciarci impregnare pian piano dall’amore di Dio. Così poi si è condiviso quello che, come famiglie in cammino, ognuno di noi sentiva nell’animo.Negli “Atti degli apostoli” i discepoli di Gesù sono nel Cenacolo, il giorno di Pentecoste, sono impauriti, in preghiera, sono quasi in attesa, tenuti insieme e per mano da Maria che rappresenta quello che resta della famiglia di Gesù. Ci riconosciamo spesso in questa situazione.
La famiglia deve affrontare momenti difficili nella società e fra le mura domestiche. Quello che ci colpisce nell’atteggiamento degli apostoli è l’insieme, l’unità fra loro.Essi non si dividono, davanti allo smarrimento si sostengono a vicenda. Uno dei problemi famigliari più grandi è l’isolamento davanti alle difficoltà, la paura del giudizio altrui, la vergogna.Eppure solo l’unione e la condivisione può aiutarci. Il dolore di una famiglia può diventare il dolore degli altri che con la loro presenza e la loro preghiera possono risollevare (vento impetuoso) e trovare parole giuste (lingue di fuoco) per chi non riesce a rialzarsi da solo.Lo Spirito di Dio soffia nelcuore e ci da la capacità di aiutare, di capire, se solo ci mettiamo in ascolto e ci apriamo alla sua azione ma “Insieme”. Allora accadono cose grandi, umanamente impossibili. Dall’antico al Nuovo testamento abbiamo la possibilità di vedere che lo Spirito d’amore mette ordine(creazione), crea, genera (annunciazione), cambia in bene ciò che è male (Resurrezione). Così può avvenire nelle famiglie. Il Signore concede agli sposi il giorno del matrimonio due fiammelle che serviranno a illuminare reciprocamente i due al momento opportuno. Crediamo in questo! L’azione dello Spirito Santo poi a volte è improvvisa! Arriva anche quando non la chiediamo. Ci stupisce ma ci colpisce al bisogno! Pensiamo che il compito più importante per le famiglie sia far respirare ai figli queste convinzioni attraverso la vita quotidiana, giorno per giorno.La famiglia può diventare veramente chiesa domestica se sappiamo accoglierci per quello che siamo, se abbiamo pazienza, se cerchiamo di aspettare i passi l’uno dell’altro. Ecco il miracolo dell’amore coniugale. Lo Spirito Santo entra nella famiglia materialmente e da qui entra nel mondo: i doni degli uni vanno condivisi con gli altri. La Madonna ci insegna tutto questo. Se in qualche situazione umana dobbiamo far fronte anche alla sofferenza, lei ci insegna a trasformare il dolore in servizio e in amore per chi ne ha bisogno. Davanti alla morte di un figlio, l’azione delle Spirito Santo è stata talmente forte che due genitori del nostro gruppo hanno saputo cambiare la loro immensa perdita in atti di amore verso chi aveva necessità di aiuto. Che miracoli possiamo vedere!Per noi è stata molto importante in questi anni la recita settimanale insieme del Santo Rosario; preghiera fatta da ognuno con tanta disponibilità e arricchita con preghiere personali, condivisioni, parole di Papa Francesco che ci illuminano eci fanno crescere nell’amicizia e nella fede. Vogliamo concludere queste semplici riflessioni con un messaggio di speranza per tutti. Il messaggio evidente e chiaro che esce da questa domenica di Pentecoste è: “Non abbiate paura! Siamo figli di Dio, gridiamo Abbà, Padre”, lo Spirito di Dio abita in noi. Ci viene allora dal cuore questa preghiera: “Aumenta Signore la nostra fede e grazie perché nonostante noi, ci ami e non ti stanchi di proteggerci”.
Gli amici di Padre Francesco
Commento 2
Prima della liturgia della parola ci predisponiamo all’ascolto facendo un piccolo esame di coscienza durante l’atto penitenziale. Per noi è stato normale, dopo aver letto le letture di questa domenica, ritornare a fare un breve bilancio e considerare, con le parole di San Paolo che tendiamo a vivere secondo la carne; fa parte di quella natura terrena di cui siamo ospiti. Anche solo per guadagnarci a volte con una punta di egoismo un attimo di “pace” o per soddisfare un piccolo piacere, per farci una coccola, quanto piuttosto, rifugiandoci nella stanchezza o non armati dalla giusta attenzione o da giuste intenzioni, facciamo di peggio…
Fortunatamente c’è un difensore, un avvocato, un paraclito, lo Spirito che ci rende figli adottivi. Questo Amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori col battesimo e che si rinnova in noi e che abita in noi, nelle nostre vocazioni; questo Amore che sentiamo parlare nella nostra lingua nativa e che possiamo esprimere nelle nostre relazioni perché è un solo linguaggio, il solo linguaggio, quello che riguarda le grandi opere di Dio. È un parlare nelle nostre lingue, come il dialetto di una piccola comunità, ma nello stesso tempoè un linguaggio universale, è una parola che si comprende in tutte le lingue, basta volerla ascoltare.
Sì, noi abbiamo la libertà di ignorarla, ma la Sua è una Presenza che ci continua a parlare e con parole di Amore. Basta lasciarci abitare perché la Sua è una presenza sponsale e possiamo sperimentarla a partire da questa piccola chiesa che è la famiglia, l’Amore nuziale, coniugale di Cristo per la sua Chiesa.
E allora curiamo i rapporti nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità con gesti di affetto, di tenerezza, di premura, di aiuto, di condivisione, di vicinanza, di appoggio, di rispetto, curiamo i nostri ammalati, onoriamo i nostri anziani. E, come si deve tendere in tutte le famiglie, adempiamo ai nostri impegni sociali, dedichiamoci all’insegnamento, mettiamoci alla pari usando un tu confidenziale, discreto e rispettoso, educhiamoci e correggiamoci vicendevolmente secondo il Suo Spirito; lasciamoci guidare dallo Spirito di Dio per non invadere, per non eccedere, per non soffocare; solo Lui nella sua Sapienza sa essere forte e tenero, sa togliere e sa donare, chiediamogliela!
Attraverso Gesù, che ce lo ha promesso, invochiamo ogni giorno il Padre perché ci mantenga alla presenza dello Spirito con tutti i suoi doni e potremo nelle nostre famiglie, nei nostri cuori,benedire il Signore,cantare con la nostra vita il Signore, sprizzare di questa gioia nel Signore.
Buona Pentecoste!
Pasqualina e Giancarlo
Domenica 29 Maggio 2022
ASCENSIONE DEL SIGNORE (ANNO C)
Prima lettura At 1,1-11 Fu elevato in alto sotto i loro occhi.
Salmo responsoriale Sal 46 Ascende il Signore tra canti di gioia.
Seconda lettura Eb 9,24-28;10,19-23 Cristo è entrato nel cielo stesso.
Vangelo Lc 24,46-53 Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo.
Tra Gesù e i suoi amici c’è una relazione umana, amicale, una giovialità, un’intesa. Questa relazione si rafforza ancora indicando semplicemente il contenuto della testimonianza che vivranno i discepoli. L’ascensione è questo passaggio da una comunità di amici legati da tenerezza e attenzione reciproca a queste due situazioni, il dono dello Spirito dal lato di Gesù, la vita nella fede che testimonia Gesù tra i discepoli. Sono parole le prime che abbiamo già sentito tante volte. Abbiamo bisogno di sentirci dire più volte, vivere più volte, per potere essere testimoni, anche noi adesso di fronte all’essenziale scopriamo qualcosa di nuovo. Come con un figlio a cui ripeti mille volte qualcosa che non gli entra e poi un giorno viene da te ti dice come suo quello che gli hai ripetuto. Siamo fatti così, prima che l’amore ti appartenga hai bisogno di farne esperienza. I verbi esprimono un gran movimento (patire risorgere morire predicare convertire perdonare iniziare testimoniare mandare promettere restare rivestire condurre alzare benedire staccare). Gesù invece viene portato. Anche in famiglia c’è spesso qualcuno che ti porta e non sei tu. Ti sorprende, ti solleva, ti sposta, ti dona qualcosa. C’è sempre un di più che ti viene dato e donato e che non sei tu a gestire. Voi restate lì, pazientate, attendete. È un invito ad abitare il presente, che ti è dato di vivere. Cosa vuol dire restare in città per me? Pazientare, forse. Lasciare agire anche lo Spirito. Quel restare lì ti permette di capire quello che Gesù ti sta dicendo mille volte nella tua vita.
Di questo voi siete testimoni, tre anni assieme, cose straordinarie, gustando immaginando tutte le stranezze del Signore, e il mandato non è semplice, c’è tutta l’umanità, il patimento, la gioia, la resurrezione, vi ho fatto fare esperienza della mia presenza di ciò che sono, vado. Lo contempliamo (con fatica) nella presenza in tutti noi, portatori del dono dello Spirito e del mandato dell’essere testimoni, di Dio uomo che conosce i peccati e li perdona, con la promessa che lui comunque è con noi. La pace ha una radice profonda, cosa state a guardare il cielo? Quando vi dicono dove è, non andateci, è qui. È la fatica del comprendere che viene superata finalmente e noi adesso diventiamo testimoni, Gesù è qui con me vuole stare insieme a me, allora lodo e ringrazio e questo è tutta la mia vita che si compie. La separazione è un tema legato alla gioia (v51) in contrasto a quando Cristo era già risorto, ma tutti i discepoli avevano paura. Qui la separazione, il distacco, dà forza, consapevolezza, opportunità di essere adulti, di decidere di fare delle scelte. Questa chiesa nascente, loda Dio e sta nel tempio forse fisicamente, forse nello stare davanti al volto di Dio, alla sua presenza. Da un luogo fisico a tutti i luoghi della testimonianza, un contesto ampio e aperto, dove il Signore dona alla chiesa di essere testimone. La felicità donata dal Signore in un distacco dopo la paura, il dubbio, l’angoscia, il dono, è l’apertura che diventa gioia. La viviamo adesso assieme ad Anna, Lucia, Sara, Luca, Davide e Alberto.
Alberto e Lucia – Unità Pastorale di Vezzano-Puianello
Domenica 22 Maggio 2022
VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)
Prima lettura At 15,1-2.22-29 È parso bene, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie.
Salmo responsoriale Sal 66 Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.
Seconda lettura Ap 21,10-14.22-23 L’angelo mi mostrò la città santa che scende dal cielo.
Vangelo Gv 14,23-29 Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Iniziamo oggi assieme a Anna, Luca, Sara, Davide e Lucia. Sono confusa dal ragionamento” Se uno mi ama” e se uno non mi ama cosa succede? Quando sono stanco e non ce la faccio, cosa accade in quei momenti lì? Non dobbiamo leggere il vangelo in senso moralistico: “se farai ti accadrà”. La frase del vangelo è una fotografia, uno sguardo di Gesù al cuore dell’uomo. Quando sei schierato e affezionato, osservi nel senso di guardare con attenzione, contemplare, tenere davanti a sé, il resto che accade è un compimento nelle Sue mani. Dall’osservare al prendere dimora è un passaggio forte. Prendere dimora dice molto della vita di famiglia, prendere dimora è proprio famiglia. E’ un invito a una grandezza nuova, una tenerezza per prepararci al vuoto che ci sta in mezzo. In famiglia quanti vuoti sperimentiamo!
Anche nella prima lettura c’è questa esigenza di ricorrere alle regole, alla legge. Il passaggio fondamentale da un dovere all’agire per amore. E’ nell’esperienza della vicinanza delle persone importanti che la relazione si fonda nelle parole. Custodire queste parole colma la distanza dalle persone da cui ci separiamo e ci portiamo con noi i legami tramite le parole che abbiamo condiviso. Portarsi le parole con sé è apparentemente evanescente ma ci diciamo che abbiamo dato una parola e ci richiamiamo alle parole dette. Nella distanza, custodire la parola valorizza la forza di questa relazione di amore. Le parole, la parola. Rischiamo di renderla variabile rispetto a una serietà nel definire una parola. Come riportare la parola al suo peso? La parola ha bisogno di essere ascoltata e incarnata altrimenti diventa una delle tante parole volanti. La parola è questa pace, a volte un po’ turbolenta che ha bisogno di essere plasmata da una parola.
Tutta questa sezione del Vangelo sembra che salti da una frase all’altra. In famiglia molte vicende ti fanno perdere l’interezza della tua vita. Non si comprende sempre la direzione in cui stiamo andando. Le viviamo sempre queste discontinuità che non capiamo. C’è tensione perché il nostro cuore dimori presso di lui dove troviamo pienezza, sciogliamo i nodi che non sappiamo dove porteranno, è la situazione che ci da la pace (pienezza di vita). Ci viene chiesto di essere consapevoli di vivere la presenza dello Spirito. Una situazione che ti orienta, che ti dice dove sei diretto.
Sembra che l’amore prenda tre forme diverse. Nell’amore per me, osserverai la mia parola. La semplicità di un amore alla portata di ogni persona. Una seconda forma si rallegra di salire al Padre, segue la sua strada. Non è possessivo, un tenere, un controllare ma un amore profondo e libero. Una terza è il consolatore, è lo Spirito che prende la parola al posto nostro nelle sfide della vita. E’ un’altra forma di amore in difesa di chi è amato.
Alberto e Lucia – Unità Pastorale di Vezzano-Puianello
Domenica 15 Maggio 2022
V DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)
Prima lettura At 14,21-27 Riferirono alla comunità tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro.
Salmo responsoriale Sal 144 Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.
Seconda lettura Ap 21,1-5 Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi.
Vangelo Gv 13,31-35 Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri.
Il vangelo di Giovanni nei capitoli 13-17 rivela ai discepoli cosa Gesù affida loro. Il figlio dell’uomo è stato glorificato: è il momento che richiama tutti noi a fare verità sulla nostra vita. Nella realtà attuale la ricerca della gloria spesso non ha spessore. Quale gloria cerchiamo? Quella dell’amore? La lotta contro il male è una lotta per amore. Giuda esce dal cenacolo, da una comunione, da una comunità, si mette fuori. Chi è rimasto nel cenacolo non era del tutto consapevole. Gesù prepara un po’ la strada. Quando qualcuno ti fa del male davvero, è difficile stare dentro a questa prospettiva. Chi vuol venire dietro a me … dice il vangelo ma spesso non comprendiamo chi stiamo seguendo. La conversione non significa essere buoni, affabili, di buoni sentimenti. Questo comandamento rimane una domanda aperta sulla mia vita. Un conto è evitare chi ti fa del male ma nella relazione con chi ti fa del male davvero rimane in gioco la mia conversione.In che senso il comandamento è nuovo? La richiesta è di amare con l’amore di Gesù. Un amore che va oltre all’apparenza. Accoglie, perdona, incontra, apre. Tutto invece nasce da una relazione diretta di testimonianza di amore praticabile. Il nostro amore va affidato a Gesù che cammina insieme a noi. Solo così il nostro amore è credibile. Il rischio è di parlare di amore, pace, bandiere e poi testimoniare tutt’altro. Una buona domanda è come è diverso il mio amore dall’amore ricevuto da Gesù.
Cos’è la gloria di dio? Com’è l’amore di Gesù? Il presente è la gloria di Dio su Gesù, il futuro è l’amore dei discepoli. In realtà si può amare in tanti modi. Gesù ha amato, perdonato, accolto ma anche arrabbiato redarguito, corretto i discepoli per la loro logica troppo terrena. Fatico a comprendere qual è il modo di amare? La vita del cristiano è questa ricerca. Ogni momento prezioso della nostra vita ci chiama a una maturazione. Una fede più rassicurante si può ancorare ad alcuni comportamenti codificati. Ma l’invito del vangelo non va in questa direzione. A lasciarsi ispirare giorno per giorno nella vita. Grazie a questo Vangelo così penetrante ed essenziale, Alberto, Lucia, Anna, Sara, Davide e Massimo ci siamo ritrovati dopo tanti anni ad ascoltare il Signore e a rileggere di fronte al vangelo la nostra vita. Anche stasera sentiamo che il nostro cuore è stato trasformato da questo incontro che ci trasmette una presenza viva.
Alberto e Lucia – Unità Pastorale di Vezzano-Puianello
Domenica 8 Maggio 2022
IV DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)
Prima lettura At 13,14.43-52 Ecco, noi ci rivolgiamo ai pagani.
Salmo responsoriale Sal 99 Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.
Seconda lettura Ap 7,9.14-17 L’Agnello sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
Vangelo Gv 10,27-30 Alle mie pecore io do la vita eterna.
Oggi il discorso di Paolo è severo: “poiché respingete la parola di Dio e non vi giudicate degni della vita eterna …”. L’onestà ci porta ad interrogarci: questa frase si applica anche a noi? Sappiamo che il Signore rispetta la nostra libertà e che la scelta della sequela è cosa seria.
Ci conforta qui il Vangelo: Gesù è il buon Pastore, ha dato la vita per ognuno di noi e di conseguenza nessuno ci strapperà mai dalla sua mano! Nessuno! Nemmeno noi stessi con la nostra incoerenza e fragilità, con le nostre distrazioni e superficialità. Garantisce il Padre “che è più grande di tutti”. Gesù ci conosce per nome, uno ad uno, e non si stanca di chiamarci, di cercarci e di riportarci all’ovile, infinite volte. Ai suoi occhi abbiamo un valore immenso! Dobbiamo ripetercelo più spesso: è la fonte della nostra gioia!
Si apre un sentimento di gratitudine per la cura individuale di cui siamo oggetto, per la misericordia infinita del Signore che pure conosce i nostri tanti limiti.
E ora il pensiero si allarga ai nostri affetti familiari, prima di tutto ai figli. Sono ormai adulti e forse avremmo desiderato vederne qualcuno impostare in altro modo la propria vita; per un altro siamo preoccupati perché le sue priorità di vita non ci appartengono, … Allora li affidiamo al Padre dalla cui mano “nessuno può strapparli”. E con fiducia crediamo che così sarà: pure per altre strade il Signore li raggiungerà.
La cerchia si allarga ancora. Nella nostra famiglia, come in parecchie altre, c’è l’anziano che ha fatto così “tribolare” da mettere a repentaglio le relazioni dell’intero parentado; c’è la zia scontrosa con la quale bisogna sempre avere infinita pazienza per non perdere il contatto; c’è il cugino sovversivo e provocatorio col quale ti viene ogni volta la tentazione di chiudere i rapporti. Ciliegina sulla torta: tutti agnostici dichiarati, professionisti del dubbio e scettici per antonomasia! Ma noi vogliamo loro bene lo stesso.
Ecco tornare la frase di Gesù “non andranno perduti in eterno”, prima di tutto in virtù del loro battesimo, ma anche perché in ciascuno di loro c’è una fiamma di bontà, nascosta dalle vicissitudini della vita che li ha fatti diventare ciò che sono. E infatti chi siamo noi per giudicare? Chi conosce le sofferenze patite da chi oggi ha il cuore inacidito?
Gesù conosce il nome di tutti noi e per ciascuno ha dato la vita. Noi abbiamo la grazia di ricevere forza e nutrimento dalla Parola e dai sacramenti; è nostra responsabilità rendere testimonianza “perché buono è il Signore, il suo amore è per sempre, la sua fedeltà di generazione in generazione”.
Azio e Isabelle – Gruppo Sposi dell’Istituto Servi della Chiesa
Domenica 1 Maggio 2022
III DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)
Prima lettura At 5,27-32.40-41 Di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo.
Salmo responsoriale Sal 29 Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.
Seconda lettura Ap 5,11-14 L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza.
Vangelo Gv 21,1-19 Viene Gesù, prende il pane e lo dà loro, così pure il pesce.
Simon Pietro disse loro: “Io vado a pescare”.
Questa frase di Pietro ha un sapore familiare. Se un problema improvviso si presenta in casa e spiazza l’equilibrio quotidiano, nascono lunghe e ripetute discussioni in famiglia per esaminare i vari aspetti della situazione. Se non vengono in mente idee risolutive e condivise per uscire dal vicolo cieco in cui ci si trova, abitualmente uno di noi, non sopportando più la tensione del momento, sbotta con “Vado a fare un giro…”.
Simon Pietro disse loro: “Io vado a pescare”.
L’espressione lascia intuire lo smarrimento degli apostoli. Forse il gruppo si sta già sfaldando : quel giorno, sul lago di Galilea, sono solo in sette. Avranno dibattuto a lungo sul da farsi, sulle possibilità che si presentano, sui pericoli che incombono… senza arrivare a prendere una decisione. Per tre anni hanno ascoltato e seguito Gesù, hanno puntato tutto su di Lui, lasciato tutto per Lui. Ora la sua assenza li lascia smarriti; non sanno davvero quale direzione prendere, cosa pensare, cosa fare. Non sono bastate le due apparizioni del Risorto, le sue parole di pace, il segno dei chiodi nel suo corpo glorioso…
Simon Pietro disse loro: “Io vado a pescare”.
Pietro decide dunque di tornare a fare ciò che ha sempre fatto e che lo rassicura: in un contesto dal futuro fosco la sua attività di pescatore gli appare una certezza: lo ha sempre fatto e soprattutto lo sa fare “ma in quella notte non presero nulla”. Neanche il quotidiano più familiare porta conforto e consolazione.
Poi all’alba quell’uomo sulla riva. “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. Cosa li avrà convinti ad obbedire all’indicazione incongrua dello sconosciuto, dopo una notte infruttuosa? Accade l’insperato e la rete è colma!
L’intuizione di Giovanni: “E’ il Signore!”. Ed ecco l’incontro familiare, il pasto consumato insieme, il dialogo intimo, il calore dell’amore dato e ricevuto.
Nella vita di coppia ci sono momenti di gioia, di luce: sembra a volte di toccare il cielo con un dito, di sentirci forti nella fede, sicuri che nulla mai potrà scalfire il nostro amore e la serenità della nostra famiglia. La croce, quando arriva, raramente ci trova preparati.
Ma proprio nel cuore del nostro smarrimento, nell’amarezza dei tentativi falliti, nella fatica del quotidiano il Signore si rende presente: con discrezione, tenerezza e senza effetti speciali prepara per noi il cibo che ci ridà forza, ci offre il suo perdono e apre i cuori alla possibilità di un nuovo cammino con Lui e con i fratelli. “E’ il Signore!”. Questo è il dono di Pasqua, la luce della Risurrezione !
Azio e Isabelle – Gruppo Sposi dell’Istituto Servi della Chiesa
Domenica 24 Aprile 2022
II DOMENICA DI PASQUA o della Divina Misericordia (ANNO C)
Prima lettura At 5,12-16 Venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne.
Salmo responsoriale Sal 117 Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.
Seconda lettura Ap 1,9-11.12-13.17-19 Ero morto, ma ora vivo per sempre.
Vangelo Gv 20,19-31 Otto giorni dopo venne Gesù.
Quando ascoltiamo il vangelo ci capita spesso di immedesimarci in quei luoghi come se fossimo anche noi protagonisti di quella parte di storia… quindi una sera, mentre i discepoli erano ancora immersi in questo grande dolore per la perdita del loro Maestro e probabilmente ancora confusi dall’ incredulità della Resurrezione, Gesù nell’intimità della loro casa, si presentò a loro, salutandoli con parole di fede e speranza: “Pace a voi”.
Augurando la pace ad un amico, noi auguriamo a lui o lei che stia bene, che viva una vita serena, senza timori né tribolazioni. Oltre a questo augurio di pace, Gesù con un soffio disse loro che avrebbero ricevuto lo Spirito Santo e che avrebbero potuto perdonare i peccati. Gesù appare quindi fra i suoi discepoli per due messaggi chiave della vita cristiana: pace e perdono.
Solo Tommaso non era presente quella sera e quando i suoi fratelli gli raccontarono ciò che era accaduto, lui ne rimase incredulo. Otto giorni dopo il Signore si ripresentò loro, Tommaso poté toccare con le sue mani e vedere con i suoi occhi e allora credette che tutto ciò che era accaduto al suo Maestro fosse verità, Gesù però rispose: “…beati quelli che non hanno visto, ma hanno creduto!”.
Ritorna in questo tratto del vangelo il concetto della Fede, come l’atto di fiducia più elevato, dopo ancora duemila anni spesso nelle nostre preghiere ci troviamo a chiedere dei fatti concreti della sua presenza, ma è stata scritta la storia, Gesù è vivo, ha sconfitto la morte ed è presente in mezzo a noi!
Dobbiamo allora ritrovarci nella testimonianza del Vangelo, affidandoci con pienezza alla Sua Misericordia, prendendo esempio dalla sua vita e portandolo con noi nei gesti della nostra quotidianità, gesti semplici e umili, che nel nostro piccolo ci portino a guardare i nostri fratelli e le nostre sorelle con un sorriso e incrociando il loro sguardo porgersi a loro con un “pace a voi”, solo così anche noi, come i discepoli saremo portatori di pace tra i popoli.
Il vangelo di oggi per noi famiglie è una missione, Gesù si rivolge ai discepoli, ma è come se stesse parlando a noi, ci esorta a vivere la nostra vita con una fede incondizionata, a credere in Lui, ad essere portatori di pace, ad imparare a perdonare gli altri; “riceverete lo Spirito Santo” è il messaggio di speranza con cui ci esorta ad andare avanti, ad oltrepassare le difficoltà, a vivere ogni giorno nella consapevolezza della sua straordinaria Misericordia.
Vania e Davide – Unità Pastorale Sacra Famiglia – Albinea
Domenica 17 Aprile 2022
DOMENICA DI PASQUA – RISURREZIONE DEL SIGNORE (ANNO C)
Prima lettura At 10,34.37-43 Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
Salmo responsoriale Sal 117 Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.
Seconda lettura Col 3,1-4 Cercate le cose di lassù, dove è Cristo.
Vangelo Gv 20,1-9 Egli doveva risuscitare dai morti.
È il giorno della risurrezione, il primo della settimana. È mattina. E tutti corrono. Maria di Magdala corre a chiamare Pietro e Giovanni dopo avere trovato il sepolcro vuoto. Pietro e Giovanni corrono insieme, ma Giovanni è il più veloce, verso una notizia inaspettata, assurda, che riaccende la Speranza. Il sepolcro è vuoto, la pietra è tolta. L’assenza di Gesù appare opprimente ai loro cuori. Non la comprende Maria di Magdala che corre spinta dallo sconcerto e dall’inquietudine di quel vuoto. Maria tuttavia cerca il conforto della sua comunità. La sua corsa è anche mancanza di rassegnazione, ricerca del senso e per questo inizio di speranza. Per Pietro e Giovanni la notizia è un pugno nello stomaco. Corrono fino allo spasimo. Arrivare là, al sepolcro, è tutto. Devono sapere, devono vedere. I pensieri si rincorrono frenetici. C’è un’urgenza nel loro correre che parla di un’attesa, di un segno. Simon Pietro giunge al sepolcro per secondo, esausto dopo la corsa. Entra tuttavia per primo. Per rispetto di Giovanni verso “il primo” tra i discepoli, una delicatezza che ci parla dell’amore e della tenerezza tra di loro. Gesù, il loro maestro, aveva detto: “Amatevi gli uni gli altri”; e questo, dopo tutto, era chiaro per loro. Ma ora quell’amore comandato inizia a trovare un senso profondo. Pietro, entrato nel sepolcro osserva perplesso quei teli posati là, con cura, e il sudario “avvolto in un luogo a parte”. No, non era possibile che avessero “portato via il Signore dal sepolcro”. Non era quello che dicevano l’ordine e la cura con cui i teli erano riposti. Pietro era confuso. È Giovanni tuttavia, il discepolo che Gesù amava, entrato per secondo, che comprende. “Vide e credette” dice l’evangelista. La scrittura, fino ad allora non compresa, inizia ad aprirsi ai loro cuori. Ancora oggi questa pagina del Vangelo di Giovanni ci interroga sui nostri percorsi di fede, sulle tante tombe vuote e sulla nostra incapacità di osservare e di vedere i segni semplici e chiari che il Signore lascia di fronte ai nostri occhi. A partire proprio dalla nostra vita quotidiana, dalle nostre famiglie, dagli incontri, il Signore ci invita ancora, dopo duemila anni, ad essere cercatori di Dio, a non rassegnarci all’inquietudine della Sua assenza, a correre ancora con decisione incontro al Signore Risorto.
Franco ed Elisabetta – Unità Pastorale Sacra Famiglia
Domenica 10 Aprile 2022
DOMENICA DELLE PALME (ANNO C)
Prima lettura Is 50,4-7 Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare confuso.
Salmo responsoriale Sal 21 Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Seconda lettura Fil 2,6-11 Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò.
Vangelo Lc 22,14-23,56 La passione del Signore.
Davanti alla Passione di Cristo ogni parola viene soffocata in un dolore lacerante e in un profondo silenzio d’ impotenza. La sofferenza di Gesù non si può commentare, ma può essere accolta e contemplata come la più potente dichiarazione d’ Amore, nascosta nel mistero insondabile del dolore…quel mistero di sofferenza che Dio non ha risparmiato a Maria sotto la croce e nemmeno a Suo figlio, che è caduto tre volte sotto il peso del legno e ha lanciato nel cielo un ultimo grido straziante di dolore prima di morire, facendo la nostra stessa fatica, ma sempre fidandosi del Padre. Certamente Gesù era vero Dio e vero uomo, noi solo veri uomini, ma abbiamo lo Spirito Santo, la Sua potentissima presenza in noi, che ci abilita e ci rende potenzialmente capaci di amare come ama Lui.
Il Signore forse non è soluzione o risposta allo scandalo del dolore, ma riempie di significato e di resurrezione ogni nostra ferita. Sì perché la croce ci capita, senza scelta, come per il Cireneo, costretto a portare quella di Gesù, forse anche contro la sua volontà, ma che poi ha trasfigurato la sua vita e quella della sua famiglia. Può diventare una grazia anche quando decidiamo di restare accanto a chi soffre, asciugandone le lacrime e contemplando in lui il volto di Cristo, come Veronica che si è fatta largo tra la folla per esserci, per stare lì, teneramente, accanto a Gesù.
Certamente la croce ci capita, ma possiamo scegliere come viverla, se con Lui nel mistero della gratitudine o senza Lui, nella desolazione insensata della solitudine.
Ogni volta, però, che leggiamo la Passione, facciamo la stessa sconvolgente scoperta: siamo Amati, gratis, smisuratamente, senza un perché, senza meritarlo. Ed è questa la vera beatitudine: sentirsi appartenere fortemente a Qualcuno, a cui consegnarsi nella luce e nelle lacrime, in una relazione assolutamente affidabile, che ci definisce e ci inonda l’anima di gioia indicibile. Allora tutto diventa affrontabile, significativo e la sofferenza offerta diventa lo strumento privilegiato per lasciarsi prendere in braccio da Dio. Vivremo così la vertigine e il paradosso di sentirci salvati proprio in ciò che ci sembrava ci stesse distruggendo, perché Dio lo sceglierà come luogo prioritario per incontrarci e farci come Lui.
Grazie Signore per il tuo amore infinito e donaci la gioia di lasciarci amare da Te, sempre, nelle giornate ubriache di luce e in quelle dilaniate dalla notte.
Chiara e Roberto – Unità Pastorale Sacra Famiglia – Albinea
Domenica 3 Aprile 2022
V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)
Prima lettura Is 43,16-21 Ecco, io faccio una cosa nuova e darò acqua per dissetare il mio popolo.
Salmo responsoriale Sal 125 Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
Seconda lettura Fil 3,8-14 A motivo di Cristo, ritengo che tutto sia una perdita, facendomi conforme alla sua morte.
Vangelo Gv 8,1-11 Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei.
Vicenda di sguardi prima ancora che di pietre. Da una parte “una donna” portata al cospetto di Gesù, dall’altra scribi e farisei. La donna non ha nome, non è più persona, è il suo stesso peccato. La sua colpa è troppo grande, non ha rimedio. Così dice la Legge. Viene trafitta, inchiodata dallo sguardo di scribi e farisei.
Gesù non la guarda, non si fa complice della situazione. Scribi e farisei vorrebbero che la guardasse come loro, vorrebbero che Lui, lì seduto, insieme a loro, la offrisse come sacrificio sull’altare di una legge di cui nemmeno loro sono degni.
Cadono le pietre, fuggono gli sguardi, Gesù si alza e, finalmente, incrocia gli occhi della donna. È lo sguardo che ama, il “fissatolo l’amò” le appartiene di diritto. È da qui, anzi, che rinasce donna, la chiama, non è più solo la sua colpa.
Anche con noi Gesù si alza, ci chiama per nome, cerca il nostro volto per dirci: “Andate, ricominciate di nuovo, il peccato non è più troppo grande, vi amo”.
Ogni giorno, ogni ora siamo chiamati a scegliere con quale sguardo vedere le persone e le situazioni che incontriamo. Lo sguardo triste e giudicante di scribi e farisei o lo sguardo di Gesù che ama e dà pace. Con Gesù scegliamo di vedere tutto e tutti con attenzione, cura, rispetto e intimità. Gesù rimane da solo con la nostra “nuova” donna, non le chiede niente del passato, c’è solo il calore del perdono e forse il desiderio di cambiare strada. Il futuro e il sapere di essere amati sono le sole cose che contano.
Francesca e Andrea – Unità Pastorale Sacra Famiglia – Albinea
Domenica 27 Marzo 2022
IV DOMENICA DI QUARESIMA – LAETARE (ANNO C)
Prima lettura Gs 5,9-12 Il popolo di Dio, entrato nella terra promessa, celebra la Pasqua.
Salmo responsoriale Sal 33 Gustate e vedete com’è buono il Signore.
Seconda lettura 2Cor 5,17-21 Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo.
Vangelo Lc 15,1-3.11-32 Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita.
Siamo sposi e genitori uniti da quasi 45 anni; entrambi siamo medici e questa è per noi una dimensione esistenziale. Come tante famiglie abbiamo attraversato momenti felici e altri drammatici, come la morte di un figlio e la malattia grave (anche se per fortuna quasi completamente superata) del terzogenito . Ciò ci costringe a mantenere forte il senso di gratitudine verso il Padre che non ci ha abbandonato e ci ama, continuando a farci apprezzare il sapore della vita che positivamente si sviluppa, testimoniato in modo “salvifico” dalla positiva figura della figlia secondogenita.
Con questo bagaglio interiore ci avviciniamo al brano di Luca (cap. 15, 1-3. 1-32) noto come “ la Parabola del Figliol Prodigo “ in cui, dopo la lettura, tutti in genere si concentrano sulla figura ribelle del figlio minore che prende la sua parte di eredità e dice al Padre “per me tu sei morto, non mi servi più, ostacoli la mia libertà“. Egli vive il padre come Padre-Padrone a cui ribellarsi, da cui allontanarsi. Quando poi finisce i soldi, e resta solo, gli idoli che ha inseguito si sgretolano, ci ripensa e torna dal Padre “più per fame” che per Amore, si è pentito di non avere obbedito. Qui emerge tutto il fulgore della figura del Padre, che è il vero protagonista della parabola (come Dio Padre lo è nella nostra vita); quando vede il figlio tornare non gli chiede niente, gli corre incontro, gli si getta al collo, lo bacia (nel testo originale il verbo usato si tradurrebbe “lo strabacia”) e fa festa.
Il Padre descritto da Gesù nella parabola ha un volto ben diverso dal Dio degli osservanti scribi e farisei: un “Dio legislatore“ che premia, o punisce. Questo Padre invece “accoglie”; a Lui non serve che tu gli chieda perdono, Lui ti perdona sempre, è Amore. Non ti chiede di obbedire perché altrimenti ti punisce, ma perché quando sbagli ti “disumanizzi”. Dio allora ti indica la strada, quella di assomigliare a Lui per tornare al cammino della Gioia che ti dà la forza di accettare e di andare avanti, ed è per questo che gli devi essere grato. Anche il figlio maggiore non capisce l’Amore gratuito del Padre: fare una festa per uno che non lo merita? Per i “devoti regolari“ come i farisei e gli scribi di tutti i tempi, la “misericordia” dimostrata dal padre che accoglie chi sbaglia, come “accoglie i peccatori e mangia con loro” (Lc15,2), è sempre un’ingiustizia, uno “scandalo”. Signore grazie del tuo volto buono e misericordioso, lo imiteremo nel nostro essere sposi, genitori, educatori.
Rita e Stefano – Unità pastorale Beata Vergine dell’Olmo – Montecchio Emilia
Domenica 20 Marzo 2022
III DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)
Prima lettura Es 3,1-8.13-15 Io-Sono mi ha mandato a voi.
Salmo responsoriale Sal 102 Il Signore ha pietà del suo popolo.
Seconda lettura 1Cor 10,1-6.10-12 La vita del popolo con Mosè nel deserto è stata scritta per nostro ammonimento.
Vangelo Lc 13,1-9 Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
Il Vangelo di Luca ci invita a riflettere sull’autenticità e sulla profondità della nostra fede.
Gesù, interrogato su un episodio di violenza perpetrato dai Romani nei confronti di alcuni Galilei, ammonisce i suoi interlocutori sull’importanza della conversione. Tutti noi siamo peccatori, e il nostro destino non dipenderà dalla gravità o dalla quantità dei nostri peccati, ma dalla profondità della nostra conversione.
Dio ci dice che non ci abbandona a noi stessi, ma si prende sempre cura di noi, offrendoci continuamente la possibilità di convertirci e di portare frutto.
Gesù nel Vangelo di questa settimana ci parla, ci fa riflettere, ci stimola ad interrogarci sulla nostra vita a tutto tondo, ponendoci sempre innanzi l’esempio della Sua estrema tenerezza, della Sua pazienza, del Suo immenso Amore nei nostri confronti.
Proprio come il fattore si prende cura del fico per far sì che non rimanga arido e che porti frutto, così anche noi, con l’aiuto della Parola, calandola all’interno della nostra Famiglia siamo spronati a prenderci cura vicendevolmente.
Nel concreto, nella vita quotidiana, questo si traduce nell’esercizio della capacità dell’ascolto e della comprensione all’interno di un rapporto franco e positivo con tutti i componenti della famiglia, aiutandosi e supportandosi vicendevolmente.
All’interno della coppia dobbiamo guardare all’altro come Dono prezioso, come Persona, come essere umano per quello che è, gustandone i pregi ed accettandone i difetti e le debolezze, cercando di aiutarsi reciprocamente a crescere e migliorarsi in una prospettiva di Famiglia cristiana, di piccola “Chiesa Domestica” in cammino verso la Resurrezione.
Bisogna fare attenzione a non cadere nella tentazione di chiudersi in se stessi. E’ importante imparare a farci prossimi al nostro prossimo, a cominciare da chi ci è vicino, come l’agricoltore che, con pazienza e costanza, si prende cura della vigna. Tutto ciò ci porta a tendere verso il compimento dell’insegnamento di Gesù di esercitare la carità.
Non rinunciamo ad accogliere la Sua Parola, e perseveriamo nel metterla in pratica per seminare il bene.
La Famiglia Cristiana è quindi tale, con la sua forza e le sue debolezze, solo in un’ottica continua di conversione, di cura e come testimone di salvezza. Ed ogni giorno, solo se pronunceremo, insieme, il nostro “Eccomi”, affidandoci e chiedendo l’aiuto del Signore, potremo essere veri testimoni della Buona Notizia.
Caterina e Andrea – Unità pastorale Beata Vergine dell’Olmo – Montecchio Emilia
Domenica 13 Marzo 2022
II DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)
Prima lettura Gen 15,5-12.17-18 Dio stipula l’alleanza con Abram fedele.
Salmo responsoriale Sal 26 Il Signore è mia luce e mia salvezza.
Seconda lettura Fil 3,17-4,1 Cristo ci trasfigurerà nel suo corpo glorioso.
Vangelo Lc 9,28-36 Mentre Gesù pregava, il suo volto cambiò d’aspetto.
Il nostro cammino quaresimale ci conduce, oggi, su “un alto monte”. Anche noi come i suoi tre discepoli più intimi, vogliamo lasciarci condurre, ci fidiamo e ci affidiamo quando la salita si fa faticosa. La preghiera è la meta, ma proprio quando la stanchezza opprime il nostro andare e il sonno si fa rinuncia, sosta, ecco che si apre un nuovo scenario. Avviene un evento straordinario, imprevedibile: la Trasfigurazione. “Il Suo volto cambia aspetto e la Sua veste diviene sfolgorante”. Quante volte il Signore ci sorprende! Tutto intorno a noi si svolge, nonostante noi e le nostre debolezze che vanno a braccetto con l’affidamento a Lui. È qui che contempliamo l’Amore di Dio per le sue fragili creature; è Lui che ci chiama vicino a Sè e si fa vedere perchè possiamo ri-conoscerLo.
Allora anche noi,in quello stare emotivo che oscilla tra il debole smarrimento, dato da ciò che ancora non comprendiamo e la pace della contemplazione della Sua rassicurante presenza, come Pietro, diciamo:” Maestro, è bello per noi essere qui…” Quante volte come famiglia abbiamo sfiorato ed espresso questo desiderio! … Perchè la presenza di Dio nella nostra vita di famiglia, fin dall’inizio, è stata Rivelazione. Siamo grati al Signore per averci fatto incontrare, per averci presi per mano e portati fin qui, per il dono dei nostri figli, degli amici e delle tante persone che ci hanno sostenuto e ispirato e per la nostra piccola comunità parrocchiale che nell’accoglienza di ognuno ci fa sentire parte di una Chiesa in cammino per essere “famiglia di famiglie”. Fare esperienza di Dio, però, non è per farne tesoro riservato al nostro ego, al soddisfacimento dei nostri bisogni, farne misura. Ecco quindi il monito: “Ascoltatelo!”. Cosa significa per me, per la nostra famiglia ascoltare la Parola del Vangelo? E se Dio ci dice cose che non siamo ancora preparati ad ascoltare? E se Dio ci chiede di ritornare sui nostri passi e ricominciare da capo? E se Dio ci chiama su una strada che mai avremmo considerato la strada giusta per noi? E se…. tanti se, a cui non siamo in grado di dare risposte. Tuttavia non possiamo neppure cedere alla paura perchè l’esperienza della Trasfigurazione è la certezza che siamo nel Suo Amore.
Cerchiamo, in questo cammino di quaresima, momenti di preghiera quotidiani, facciamo risuonare la Parola, chiediamo di accrescere la nostra fede e di lasciarci condurre per continuare a fiorire dove si è seminati.
Anna Rita e Angelo – Unità pastorale Beata Vergine dell’Olmo – Montecchio Emilia
Domenica 6 Marzo 2022
I DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)
Prima lettura Dt 26,4-10 Professione di fede del popolo eletto.
Salmo responsoriale Sal 90 Resta con noi, Signore, nell’ora della prova.
Seconda lettura Rm 10,8-13 Professione di fede di chi crede in Cristo.
Vangelo Lc 4,1-13 Gesù fu guidato dallo Spirito nel deserto e tentato dal diavolo.
Oggi è la prima domenica di quaresima
Veniamo dal mercoledì delle ceneri ed in questa prima domenica cerchiamo di approfondire come gli stimoli che ci propone la lettura del vangelo di LC 4,1-13 siano suggerimenti applicati ed applicabili nella nostra vita familiare. Ci prepariamo alla Pasqua grazie alla quaresima, momento di penitenza e di digiuno. Cerchiamo di non cadere nelle sempre frequenti tentazioni quotidiane che come famiglia abbiamo, dal consumismo, alla ammirazione ed imitazione dei “ricchi” che porta alla mancanza di carità, al disinteresse per i poveri che suonano il campanello.
Come da sempre si fa in questo periodo cerchiamo di fare propositi di “digiuno”, ma da cosa? Abbiamo pensato di “digiunare” sforzandoci di migliorare i nostri atteggiamenti con il nostro prossimo, manifestando la fede che proclamiamo. Vogliamo fare maggiore attenzione nell’essere cristiani, tra noi e con gli altri, essere disponibili senza volere essere “i più bravi”, tentazione che ci allontana dal mettere in pratica l’amore disinteressato che Gesù ci ha insegnato. In questo periodo in famiglia vogliamo pregare un po’ di più, leggere la Bibbia, proprio perché assieme all’eucarestia ci nutriamo dell’insegnamento di Dio. La nostra preghiera quotidiana ci deve aiutare a riconoscere sempre il messaggio di Gesù pur sapendo che si fatica, ma come ha fatto Lui, che proprio in questo periodo, ha umanamente sofferto, ma poi ci ha salvato con la gioia della resurrezione. Durante questi mesi di pandemia molto spesso ci sembra facile, anche con gli amici, chiederci come mai è permessa dal Signore questa grande sventura ed allora sentiamo la necessità di riscoprire, nella Bibbia, dove sono tanti i momenti di difficoltà, come sia bello vivere con l’insegnamento di Dio rivolti alla nostra salvezza. Vogliamo ricordare la nostra vocazione per la famiglia, con il nostro matrimonio, con i nostri figli, ed oggi con le loro famiglie, mostrando a tutti come, la nostra vita cristiana sia sempre, anche nelle difficoltà un momento di trasmissione della grande gioia della Pasqua.
Potremmo fare e dare di più ma speriamo di essere fonte di gioia per tutti.
Buona quaresima a tutti
Alberto e Gabriella – Unità pastorale Beata Vergine dell’Olmo – Montecchio Emilia
Domenica 27 Febbraio 2022
VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Prima lettura Sir 27,5-8 Non lodare nessuno prima che abbia parlato.
Salmo responsoriale Sal 91 È bello rendere grazie al Signore.
Seconda lettura 1Cor 15,54-58 Ci ha dato la vittoria per mezzo di Gesù Cristo.
Vangelo Lc 6,39-45 La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
Gesù vuole mettere a nudo l’ipocrisia dell’uomo che si fa giudice del prossimo peccatore senza riconoscersi lui stesso peccatore. Una persona che non vede non può indicare la strada a un altro. La cosa più interessante è il motivo della cecità che Gesù descrive: “togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello“. Nessuno è in grado di accorgersi di questa cecità se non grazie a una riflessione che dovremmo essere tutti capaci di fare a partire proprio da quello che Gesù dice nel Vangelo, ricordandoci, di fronte a ogni nostro prossimo, che anche noi abbiamo peccato.
E, anche se ci sembra di non essere incorsi in grossi sbagli, dobbiamo sempre tener presente che ci può sfuggire il peso delle circostanze che hanno indotto altri a cadere in errore. Chiediamoci come ci saremmo comportati noi nelle medesime condizioni.
E allora aver misericordia verso tutti, reagire contro certi impulsi che ci spingono a condannare senza pietà. Gesù ci insegna a saper perdonare e a non mantenere nel cuore residui di giudizi, di risentimenti che ci allontanano dal prossimo. “Saper perdonare e sentirsi perdonati è un’esperienza fondamentale nella vita familiare”: così afferma l’Enciclica: “Amoris Laetitia”. “La storia di una famiglia è solcata da crisi di ogni genere, che sono anche parte della sua drammatica bellezza. Bisogna aiutare a scoprire che una crisi superata non porta ad una relazione meno intensa, ma a migliorare, a sedimentare e a maturare il vino dell’unione …”.
Si sa come per diversità di carattere, o per nervosismo, o per altre cause, le mancanze di amore sono frequenti fra persone che vivono insieme. Ebbene, occorre ricordare che solo un atteggiamento di perdono, sempre rinnovato, può mantenere la pace e l’unità nella famiglia.
Il 27 dicembre scorso, Papa Francesco ha scritto una lettera agli sposi dove risuona un forte incoraggiamento: “Le tante sfide non possono rubare la gioia di quanti sanno che stanno camminando con il Signore. Vivete intensamente la vostra vocazione. Non lasciate che la tristezza trasformi i vostri volti. Il vostro coniuge ha bisogno del vostro sorriso. I vostri figli hanno bisogno dei vostri sguardi che li incoraggino. I pastori e le altre famiglie hanno bisogno della vostra presenza e della vostra gioia: la gioia che viene dal Signore!”
Può essere proprio a partire da questo rinnovato slancio che ci inoltriamo nel cammino sinodale, al quale Papa Francesco invita tutta la Chiesa, tutti noi, a percorrere, dando un forte contributo, con la vita di preghiera, la comunione fraterna e la testimonianza di vita, all’incontro con quanti ancora non conoscono Cristo o che non lo riconoscono più. Lasciamoci sorprendere così dalla bellezza del Vangelo, dallo stile di vita che ci propone.
Loretta e Mauro – Movimento dei Focolari
Domenica 20 Febbraio 2022
VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Prima lettura 1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23 Il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano.
Salmo responsoriale Sal 102 Il Signore è buono e grande nell’amore.
Seconda lettura 1Cor 15,45-49 Come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste.
Vangelo Lc 6,27-38 Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Il Vangelo di oggi è denso di più inviti da vivere nel quotidiano; da una parte mette in luce la grandezza di Dio, dall’altra mette in trasparenza le nostre fragilità, ma siamo confortati dalle parole di Gesù: “… perché egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi”.
Alle soglie del nostro quarantesimo anno di matrimonio, il Vangelo di oggi ci chiede conto, e ci interroga, su quanto abbiamo vissuto la Parola e ci sprona, a volte balbettando, ad una vita autenticamente evangelica.
Il messaggio lascia poco spazio a considerazioni intellettuali o filosofiche, ma ci immerge nella quotidianità.
“… perdonate e vi sarà perdonato”
Nelle diverse relazioni familiari capita di avere piccoli o grandi conflitti. Sempre più ci rendiamo conto che è necessario trovare spazi di reciproco ascolto e spiegazione, ma ancor più è rigenerante non perseguire ostinatamente le proprie ragioni. Cosa ce ne facciamo della ragione se si incrina la pace dentro di noi e con l’altro?
“… Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”
Questa frase del Vangelo è conosciuta come la regola d’oro presente in tutte le religioni e ogni volta che la viviamo, siamo presi dallo stupore di fronte al fatto che piccoli gesti suscitano inattese reciprocità.
In questi ultimi anni, nel nostro quartiere sono arrivate diverse nuove famiglie, conoscerle non è facile, diventa faticoso rompere il ghiaccio del primo saluto. Mentre con altre, pur conoscendole da anni ed avendo buoni rapporti, le relazioni si sono affievolite, diversi i cambiamenti: presenza di anziani non autosufficienti, di cui una coppia centenaria; famiglie con bimbi piccoli; persone sole.
Nel complesso si è creata una disagevole condizione di estraneità, anche solo nell’incontrarci per strada ci si sente indifferenti.
Abbiamo capito che il primo passo potevamo farlo noi.
Così alcuni giorni prima di questo ultimo Natale abbiamo pensato di fare loro una sorpresa.
Nel nostro giardino abbiamo raccolto le ultime rose, le camelie appena fiorite, rami belli e sempreverdi con cui abbiamo confezionato ben tredici mazzi di fiori.
Suonando alla porta di ogni famiglia, c’è stata sorpresa e gioia di vederci allo stesso tempo; chi non ci conosce si è meravigliato “Ma come avete pensato anche a noi? Grazie!” e, chi ci conosce già, sortiva “Allora siamo ancora nei vostri pensieri e nei vostri cuori!“.
Il dono è stato gradito accendendo poi il desiderio di invitarci in casa: chi per farci bene gli auguri, altri per ricambiare il bel pensiero con altri doni.
Nel fare questo piccolo passo verso i vicini di casa abbiamo sperimentato la gioia che Gesù ha promesso ai suoi.
Anna Maria e Giampaolo – Movimento dei Focolari
Domenica 13 Febbraio 2022
Prima lettura Ger 17,5-8 Maledetto chi confida nell’uomo; benedetto chi confida nel Signore.
Salmo responsoriale Sal 1 Beato l’uomo che confida nel Signore.
Seconda lettura 1Cor 15,12.16-20 Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede.
Vangelo Lc 6,17.20-26 Beati i poveri. Guai a voi, ricchi.
Siamo sposati da ventinove anni e durante la nostra vita insieme Gesù ci ha chiesto di affrontare momenti che ci sono sembrati difficili e insostenibili, assurdi persino, ma in ogni situazione ci siamo resi conto che quella era la Sua volontà per noi e, spesso, contro ogni ragionamento umano, abbiamo ricevuto la forza di affrontare le difficoltà giorno per giorno.
Avere Fede per noi vuol dire fidarci ed affidarci a Dio e, quando ci troviamo di fronte ad un ostacolo, abbiamo la certezza di non essere soli ad affrontare una salita faticosa.
Ai nostri amici diciamo sempre che ci siamo sposati in Tre, con Gesù insieme a noi, e su questa certezza costruiamo ogni giorno il nostro matrimonio. È una base solida che ci sostiene nei momenti di difficoltà, ci aiuta ad accoglierci come siamo e a guardare oltre i nostri limiti; riusciamo così a dare all’altro la precedenza rispetto ai nostri bisogni personali, anche quando non diventa tanto facile né spontaneo.
La Fede ci aiuta a guardare anche oltre noi stessi e a proiettarci verso l’esterno, incontro all’altro, al fratello.
Nel mio ambiente di lavoro, un’azienda metalmeccanica, cerco di dare testimonianza della mia fede nel silenzio, per essere un elemento di coesione e di unità. Così, con gesti concreti aiuto i colleghi che vedo in difficoltà e che sono sovraccarichi di lavoro, anche se non fa parte delle mie mansioni; oppure, accolgo la necessità di un collega che desidera essere ascoltato per sfogarsi e confidarmi un dolore personale, so che posso fare del bene con una parola o con il mio silenzio, dedicandogli il poco tempo a disposizione nei brevi momenti di pausa.
Io, invece, insegno da diversi anni nella scuola primaria. A volte incontro genitori che vivono situazioni difficili con figli che hanno disabilità gravi, mi sento chiamata non solo a mettere a loro disposizione tutta la mia professionalità e l’esperienza accumulata negli anni, ma anche a percorrere insieme un tratto del cammino di vita.
Nella nostra famiglia, come genitori, cerchiamo di testimoniare la fede ai nostri figli, che si dichiarano non credenti e, spesso, sono molto critici con noi, per questo non mancano le occasioni per dar vita a discussioni accese. Accettare il loro punto di vista così diverso dal nostro, che mette in risalto la loro personale ricerca di verità ed il bisogno di risposte concrete, ci mette spesso in discussione, ci pone di fronte alle nostre incoerenze e contraddizioni ma, come afferma Papa Francesco, “possiamo vedere ogni ostacolo come un’opportunità”.
Paolo e Paola – Movimento dei Focolari
Domenica 6 Febbraio 2022
V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Prima lettura Is 6,1-2.3-8 Eccomi, manda me!
Salmo responsoriale Sal 137 Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria.
Seconda lettura 1Cor 15,1-11 Così predichiamo e così avete creduto.
Vangelo Lc 5,1-11 Lasciarono tutto e lo seguirono.
Quando abbiamo letto le letture di questa Domenica, ci è sembrato subito che Dio, oltre a parlare certamente a noi, parlasse anche di noi, e questa espressione dell’amore personale di Dio suscita sempre meraviglia.
Simone e i suoi compagni hanno passato la notte a pescare, sono sulla riva a lavare le reti, probabilmente un po’ avviliti dalla pesca infruttuosa. Gesù entra con semplicità nella loro quotidianità, sale sulla loro barca, parla alla folla, insegna e poi fa ai pescatori una richiesta bizzarra: gettare le reti di giorno. Simone e i compagni avrebbero potuto mettere davanti a Gesù tutta la loro esperienza, rispondergli che non si pesca di giorno, loro il mestiere lo conoscono bene. E invece si fidano, con una docilità disarmante.
Gesù sta con loro mentre pescano, si “fa uno” con loro e solo dopo fa la sua chiamata. Niente di “miracoloso”, impetuoso, fragoroso, solo vita di tutti i giorni.
Anche con noi Dio si manifestato così, entrando pian piano nel nostro quotidiano, nella nostra vita e, nella misura in cui riusciamo ad essere docili, lui può trasformare profondamente ogni singolo gesto, ogni momento.
All’inizio della nostra storia come famiglia abbiamo intuito e ci siamo fidati che sul nostro progetto c’era la mano di Dio e abbiamo sentito ripetere anche a noi, come ai pescatori, “prendi il largo e getta le reti”. Questo per noi è significato non temere le nostre differenze culturali, il nostro appartenere a chiese diverse, cose che umanamente avrebbero potuto sembrare ostacoli.
Come nell’esperienza di Simone e dei suoi compagni, sentiamo che Dio è nella nostra quotidianità, ma non ci chiede nulla di straordinario, nulla che non faccia già parte della nostra vita: lavorare, aiutare i figli a crescere, fare esperienze di servizio e condivisione. In ogni cosa, però, la Sua presenza tra noi può rendere straordinario l’ordinario. Questo per noi significa avere la tensione a vedere Gesù nell’altro in ogni situazione: in quel figlio che ascolti o che aiuti nei compiti, nel vicino di casa che si trova in difficoltà e ti chiede di metterti in gioco, nel coniuge con cui discuti animatamente, ma con cui cerchi poi di far pace, perché più delle tue ragioni è preziosa l’unità.
L’esempio di Simone in particolare è bellissimo, perché consola il nostro essere imperfetti, per tutte le volte che non sappiamo amare, che non abbiamo carità verso l’altro, che non riusciamo ad essere fedeli a Dio. Simon Pietro è lì a ricordarci che possiamo ricominciare sempre, confidando sempre nell’immenso Amore di Dio Padre.
Liliana ed Hani – Movimento dei Focolari
Domenica 30 Gennaio 2022
IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Prima Lettura Ger 1,4-5.17-19 Ti ho stabilito profeta delle nazioni.
Salmo Responsoriale Sal 70 La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.
Seconda Lettura 1Cor 12,31 – 13,13 Rimangono la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di tutte è la carità.
Vangelo Lc 4,21-30 Gesù come Elìa ed Eliseo è mandato non per i soli Giudei.
In questo brano del Vangelo l’evangelista Luca riporta le reazioni degli abitanti di Nazareth alla prima predica di Gesù. La reazione delle persone presenti in sinagoga è violenta: si considerano dei bravi ebrei che vanno in sinagoga al sabato e vivono una vita secondo la legge, che osservano. Non accolgono la Parola che viene loro proclamata. Non sopportano di essere messi sotto accusa e per questo spingono Gesù vicino al precipizio, per non doverlo più ascoltare.
Anche noi spesso ci consideriamo “bravi cristiani” solo perché andiamo a messa tutte le domeniche, rispettiamo ed osserviamo i comandamenti. Ci fa comodo ascoltare solo quello che non ci tocca troppo nel profondo, accogliamo le novità con timore, spesso giudichiamo le esperienze altrui, soprattutto se sono diverse dalla nostra esperienza personale.
Gesù annuncia ed indirizza la buona novella a tutti, senza escludere nessuno. Non si impone, non giudica, non obbliga, non pretende. Indica semplicemente un percorso, un cammino, una risposta ragionevole alle nostre domande, uno stile di vita. Ad ognuno di noi la libertà di ascoltarlo, di seguirlo, di aderirvi o anche di di rifiutarlo. A noi la responsabilità di questa scelta.
Un amico scriveva: “L’intelligenza non è capacità creativa, ma riconoscitiva, riconoscere un Altro. La libertà non è fare quello che pare e piace, ma aderire a quello a cui un Altro ci chiama”.
Un uomo si è detto Dio. Un Uomo ha detto: “ Io sono la tua salvezza, io sono il significato della tua vita!”. Come la nostra intelligenza, il nostro cuore rispondono a questo fatto storico? A ciò che è sicuramente una provocazione?
La libertà viene sollecitata, spronata a porsi domande.
Che cos’è il cristianesimo per me?
La fede è realmente una ipotesi di cammino per poter vivere meglio la mia vita?
Il cristianesimo, la fede, corrispondono alle esigenze originarie di bellezza, verità, felicità, giustizia che la natura dona al cuore di ciascuno?
Dalle risposte che ognuno di noi tenterà di dare potremo iniziare a percepire se realmente l’adesione all’esperienza cristiana corrisponde alle attese del nostro cuore.
Il Vangelo si conclude con queste parole: “Egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino”.
Continuiamo a camminare anche noi, verificando attraverso le esperienze della vita, la strada migliore da percorrere.
Claudio e Rosanna – Parrocchia di Calerno, Unità Pastorale di Calerno e Sant’Ilario d’Enza
Domenica 23 Gennaio 2022
III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO o della Parola di Dio (ANNO C)
Prima lettura Ne 8,2-4.5-6.8-10 Leggevano il libro della legge e ne spiegavano il senso.
Salmo responsoriale Sal 18 Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.
Seconda lettura 1Cor 12,12-30 Voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte.
Vangelo Lc 1,1-4; 4,14-21 Oggi si è compiuta questa Scrittura.
Papa Francesco ha voluto che “la III Domenica del Tempo ordinario sia dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola di Dio”.
La liturgia di oggi ci offre il vangelo di Luca, che invita ciascuno di noi a leggere il suo testo perché possiamo renderci conto “della solidità degli insegnamenti” ricevuti. Ci racconta poi dell’episodio di Gesù che, “con la potenza dello Spirito”’, torna dai suoi compaesani e si dichiara colui che Isaia aveva annunciato nelle scritture, l’unto, quello su cui è “Lo Spirito del Signore”, da Lui inviato a “proclamare l’anno di grazia del Signore”.
Se pensiamo alle nostre vite, alle difficoltà quotidiane, alla nostra società sempre più complessa e dura, ci sentiamo anche noi un po’ perplessi come quelli che ascoltarono Gesù in quell’occasione: forse il tempo dell’”anno di grazia del Signore” era quello dei suoi contemporanei.
Ma siamo anche consapevoli di quante volte, in questi venti anni di matrimonio abbiamo vissuto momenti di difficoltà o smarrimento e, non sapendo cosa fare o non potendo fare nulla, abbiamo pregato: siamo andati in qualche santuario e abbiamo partecipato alla messa, spesso ci è sembrato che la parola di Dio che ascoltavamo dicesse qualcosa proprio a noi. A volte ci veniva anche da ridere, perché ci sentivamo quasi “gabbati” da quella saggezza che sempre ci trovava impreparati.
Nella messa e nella possibilità di ricevere Gesù Eucarestia abbiamo sentito la verità delle parole di Giovanni: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo”.
Nell’eucarestia accogliamo Dio, fatto uomo, il verbo creatore, in me individuo, nel nostro matrimonio e nella nostra famiglia. In questa fede e in questa speranza le paure, a volte disperazioni, i fallimenti, le ansie per il futuro dei nostri figli, tutto si ridimensiona.
Nel respiro dell’Onnipotente la quotidiana esperienza della personale finitezza diviene preghiera che squarcia l’orizzonte, facendo spazio alla fiducia. Come ci ha insegnato un caro amico sacerdote: “Nella difficoltà non avvilirti, non guardare avanti, guarda solo in alto”.
Veramente dobbiamo riconoscere come il nostro sforzo per gestire e controllare al meglio la nostra vita e la nostra famiglia, se certamente ci rende persone impegnate, non è garanzia di soddisfazione e tanto meno foriero di alcuna sicurezza nel cammino dell’esistenza. Molte volte invece, passato un po’ di tempo dal momento difficile, ci siamo detti che era andato tutto bene anche se diversamente da come avevamo pensato, a volte anche meglio di come desideravamo.
Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna.
Maria e Carlo – Unità Pastorale di Calerno e Sant’Ilario d’Enza
Domenica 16 Gennaio 2022
II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Prima lettura Is 62,1-5 Gioirà lo sposo per la sposa.
Salmo responsoriale Sal 95 Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.
Seconda lettura 1Cor 12,4-11 L’unico e medesimo Spirito distribuisce a ciascuno come vuole.
Vangelo Gv 2,1-11 Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù.
Il racconto evangelico delle nozze di Cana è icona di riferimento per l’incontro mondiale delle famiglie del prossimo giugno. Proprio il brano scelto per la celebrazione del nostro matrimonio, diversi anni fa…
Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù… Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “non hanno vino”. In un contesto gioioso e di festa, lo sguardo attento di Maria coglie un bisogno essenziale e lo segnala, certa che Gesù possa intervenire. Viene subito da domandarci: e noi come guardiamo la nostra vita familiare e gli avvenimenti che ci sono dati da vivere? Il nostro sguardo sa andare in profondità come quello di Maria? Sappiamo affidarci? Sappiamo riconoscere l’essenziale da ciò che è superfluo? Nella nostra vita familiare, siamo passati rapidamente dal periodo faticoso e bellissimo dei figli piccoli, a quello impegnativo del favorire le loro scelte verso l’autonomia, a quello contrassegnato dall’aiuto ai genitori anziani, in un contesto di crescente smarrimento e incertezza. Sempre i momenti di gioia si alternano alla fatica, alla sofferenza portata magari da una malattia importante, o a eventi inattesi che spiazzano e modificano i progetti presenti e futuri. Assumere lo sguardo di Maria sui noi stessi, sugli altri, su quanto accade, ci chiede come famiglia di accettare i limiti della vita e nostri, di ricominciare ogni giorno da capo, di vederci nuovi esercitando il perdono reciproco. Assumere lo stile di Maria ci aiuta soprattutto a non soccombere sotto i problemi contingenti, ad avere fiducia, a metterci in gioco, a credere, ogni giorno di più, che Gesù con la sua presenza e i suoi doni è lì per assicurarci, in ogni circostanza, il vino migliore.
Qualsiasi cosa vi dica, fatela… Maria, con la sua determinazione, ci indica anche oggi la strada: come ho fatto io, dal sì all’annuncio dell’angelo fino alla croce … così anche voi. Qualsiasi cosa vi dica, fatela: sappiate essere grati dei momenti felici e non perdete la speranza in quelli di angoscia, quando accadono cose a cui è impossibile dare un senso o quando gli avvenimenti che vi sareste aspettati proprio non accadono. Qualsiasi cosa vi dica, fatela: testimoniate l’arte della pazienza reciproca, fate del servizio agli altri il vostro stile di vita familiare e quell’acqua che metterete ogni giorno nelle anfore, insapore e a volte stantia, verrà trasformata dal Signore in vino buono, come voi non immaginate. E siate fiduciosi nel Signore, il vino buono sempre arriverà a trasformare la vostra vita e a renderla gioiosa.
“Nella famiglia bisogna arrischiarsi ad amare” ha detto papa Francesco,” e il migliore dei vini sta per venire, anche se tutte le possibili variabili e le statistiche dicessero il contrario. …E sussuratelo ai disperati e a quelli con poco amore… abbiate pazienza, abbiate speranza…perché il migliore dei vini sta per venire.”
Marco e Anna – Unità Pastorale di Calerno e Sant’Ilario d’Enza
Domenica 9 Gennaio 2022
BATTESIMO DEL SIGNORE (ANNO C)
Prima lettura Is 40,1-5.9-11 Si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini la vedranno.
Salmo responsoriale Sal 103 Benedici il Signore, anima mia.
Seconda lettura Tt 2,11-14;3,4-7 Il Signore ci ha salvato con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo.
Vangelo Lc 3,15-16.21-22 Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì.
In questa domenica e in tutte le domeniche che hanno preceduto la festa del Santo Natale abbiamo riflettuto sulla persona di Giovanni Battista e, in particolare, su ciò che quest’uomo dice oggi alle nostre famiglie.
Ci siamo interrogati come sposi e come genitori: in che misura riusciamo a vivere oggi lo stile essenziale di Giovanni e con forza gridiamo ogni giorno nel districarci fra gli impegni familiari, di lavoro, di servizio in parrocchia: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!”?
Sappiamo che non è semplice, tuttavia siamo consapevoli che questo monito di Giovanni è la nostra priorità: preparare la via del Signore per mio marito, mia moglie, per i nostri figli, per i bimbi del catechismo, per i nostri amici, per le persone che incontriamo ogni giorno.
Ciò non significa voler semplificare la vita a chi amiamo o a chi incontriamo sul nostro cammino, il Signore non è venuto per questo, ma significa aiutare chi ci sta accanto a scoprire che con Lui è possibile superare le difficoltà, vivere in pienezza i momenti di gioia, donare il tuo tempo quando ti sembra di non averne a sufficienza, fare con passione il tuo lavoro.
Nella prima lettura non mancano parole di consolazione e di incoraggiamento! Così, come genitori, alla scuola della Santa Famiglia di Nazareth, preparare la strada al Signore per i nostri figli significa incoraggiarli a comprendere la bellezza di coltivare la loro vocazione e, come dice il Papa, di sognare in grande!
Per fare questo, con coraggio, i figli di tutte le famiglie, ma anche io, sposo, io, sposa, abbiamo bisogno di credere prima di tutto alla Parola che Dio Padre ha rivolto a Gesù, dopo che, immergendosi nel Giordano, ha preso su di sé le nostre cadute per raddrizzarle: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.
Questo sentirci amati, questo amore che circola in famiglia, tra noi sposi nel Signore, tra genitori e figli, tra fratelli, ci dà la forza per vivere pienamente la nostra vocazione di sposi e ai nostri figli dona il coraggio di affrontare le sfide quotidiane e di scoprire il disegno di felicità che Dio ha pensato per loro fin dall’eternità.
Non solo, Gesù immergendosi nei nostri errori ci dice che ci ama e ci insegna ad amare, anche quando non siamo un marito o una moglie perfetti, un padre o una madre perfetti, un figlio o un fratello perfetti.
Gesù torna a fidarsi di noi e dice a tutte le nostre famiglie in questa domenica in cui si fa memoria del suo battesimo: “Tu sei la famiglia amata, in te ho posto tutta la mia fiducia, coraggio, rimettiti in piedi, provaci ancora!”
Aldo e Caterina – Unità Pastorale di Calerno e Sant’Ilario d’Enza
Domenica 2 Gennaio 2022
II DOMENICA DOPO NATALE
Prima lettura Sir 24,1-4.12-16 La sapienza di Dio è venuta ad abitare nel popolo eletto.
Salmo responsoriale Sal 147 Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi.
Seconda lettura Ef 1,3-6.15-18 Mediante Gesù, Dio ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi.
Vangelo Gv 1,1-18 Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
Oggi è ancora possibile credere? “In principio era il Verbo… e il Verbo era Dio… senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste”.
Continuamente vediamo le immagini di migliaia di migranti che muoiono nel mediterraneo e alle frontiere dell’Europa, nell’indifferenza generale, nostra e di Dio.
L’arrivo dei figli ci hacambiati, siamo diventati apprensivi: se dovesse succedere qualcosa di grave ai nostri piccoli che ne sarebbe della nostra salute mentale? E allora pensiamo a tutte quelle madri e padri di fronte al mare: quella mamma prima di salire sul barcone ha sicuramente pregato il suo Dio: Signore proteggi i miei piccoli come la pupilla del tuo occhio, proteggici all’ombra delle tue ali, tu che tieni nella mano gli abissi… e poco dopo sono in fondo al mare. E poi rivediamo il piccolo Aylan, coricato esanime che guarda il mare, mentre aspetta l’arrivo del suo angelo custode.
Ma anche più vicino a noi: quanti, anche bambini, sono strappati alla vita da una malattia, un tumore,o un altro accidente.
Tutto questo ha aperto un po’ i nostri occhi: la storia dell’umanità è piena di dolore innocente, di soprusi senza giustizia,di genocidi dimenticati dalla storia.
Ma oggi la domanda è: credere è ancora possibile?
Non solo ci chiediamo perché tutto questo: ci ricordiamo ancora l’urlo di don Lao al funerale di due carissime amiche, morte in un incidente d’auto: “Signore, perchè?”
Ma ci chiediamo: è possibile credere con gli occhi aperti, senza raccontarsela? È possibile credere in un Dio Amore, onnipotente, onnisciente, che però “fa” (permette di) vivere a tanti vite infernali?
“Venne un uomo… Giovanni… come testimone”
Giovanni è uno di poche parole, zero teorie: parlava col suo modo di vivere. E il Vangelo dice le difficoltà che sacerdoti e leviti hanno ad inquadrarlo.
Difficile dire a che punto sta la nostra fede… Certo è che la Ricerca rimane aperta solo grazie ai testimoni che abbiamo incontrato: Chiara Lubich; padre Gianni missionario in Brasile incontrato in un campeggio; il nostro carissimo don Lao, di cui non capivamo le prediche ma che ci voleva bene, veramente bene in modo personale e sempre si interessava a noi; le vergini consacrate della nostra diocesi, che nell’indifferenza e a volte diffidenza continuano a seguire Gesù tra gli ultimi degli ultimi.
Giulio ed Erica – Unità Pastorale di Calerno e Sant’Ilario d’Enza
Domenica 26 Dicembre 2021
SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE (ANNO C)
Prima lettura 1Sam 1,20-22.24-28 Samuele per tutti i giorni della sua vita è richiesto per il Signore.
Salmo responsoriale Sal 83 Beato chi abita nella tua casa, Signore.
Seconda lettura 1Gv 3,1-2.21-24 Siamo chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!
Vangelo Lc 2,41-52 Gesù è ritrovato dai genitori nel tempio in mezzo ai maestri.
“… non potremo incoraggiare un cammino di fedeltà e di reciproca donazione se non stimoliamo la crescita, il consolidamento e l’approfondimento dell’amore coniugale e familiare. In effetti, la grazia del sacramento del matrimonio è destinata prima di tutto «a perfezionare l’amore dei coniugi» (AL,90). Da pochi mesi abbiamo iniziato il nostro percorso di vita matrimoniale e siamo ben consapevoli che “è solo camminando che si apre il cammino”, che cioè il Sacramento che abbiamo celebrato è il primo passo di un cammino in cui cercheremo di amarci sempre di più. Tante volte sentiamo parlare di “coppie in crisi”, di “difficoltà nel dialogo”, di “fatica nell’educazione dei figli”, di “rapporti tesi con gli suoceri”, di “arrivare al 27 del mese”…: persino la coppia più santa di sempre, Maria e Giuseppe, ha dovuto affrontare un’ incomprensione con Gesù adolescente: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”! Per questo chiediamo ogni mattina al Signore ti tenerci la mano sopra la testa e di alimentare la nostra fede-fiducia in Lui. Inoltre, ogni sera cerchiamo di trovare il tempo per parlarci di tutto, della giornata trascorsa, degli incontri fatti, delle emozioni e dei sentimenti provati, in modo tale che fra noi due non ci siano cose non dette o non chiarite. Al di sopra di tutto, mettiamo la fiducia e la stima reciproca: l’altro è la persona più importante, l’altro è una parte di me e farlo/a felice è fonte di felicità anche per me.
Questo lavoro quotidiano di immedesimazione e comprensione è alleggerito dal senso dell’umorismo e dalla pazienza, che spesso dobbiamo esercitare per sopportare i limiti dell’altro. In questo sforzo di crescita, una regola che ci siamo dati è quella di dare dei limiti agli impegni lavorativi e di aiutarci nei lavori di casa, in modo che la stanchezza fisica e mentale non sia la causa di tensioni, nervosismo e incomprensioni… anche se non sempre ci riusciamo!
Pur essendo giovani, abbiamo entrambi la fortuna di un lavoro a tempo indeterminato e questo ci permette di aprirci alla fecondità, desideriamo avere dei figli, incoraggiati anche dalla vicinanza dei genitori. Sappiamo bene che per molte coppie non è così e vorremmo che la politica fosse più attenta nel facilitare la nascita di nuove creature, come ha detto chiaramente anche il vescovo Massimo nell’ultimo discorso alla città per san Prospero.
E infine, cerchiamo di non dimenticarci mai che non per caso stiamo insieme, ma perché abbiamo risposto ad una Chiamata del Signore, che non può essersi sbagliato nell’averci fatto incontrare, piacere e innamorare!
Alex e Laura – Casina
Domenica 19 Dicembre 2021
IV DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C)
Prima lettura Mi 5,1-4 Da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele.
Salmo responsoriale Sal 79 Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.
Seconda lettura Eb 10,5-10 Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà.
Vangelo Lc 1,39-45 A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?
La dolce scena del Natale commuove per la semplicità e la povertà dentro la quale il Figlio eterno di Dio ha voluto manifestarsi: il Vangelo non ci nasconde le difficoltà che, prima e dopo il parto, la Vergine Maria, assieme a Giuseppe, ha dovuto affrontare.
Come scrive Leopardi, nostro poeta preferito: “Nasce l’uomo a fatica / ed è rischio di morte il nascimento. / Prova pena e tormento / Per prima cosa: e in sul principio stesso / la madre e il genitore / il prende a consolar dell’esser nato”, così è accaduto 2000 anni fa a Betlemme e così può accadere ancor oggi, in un campo profughi o anche in una clinica linda e ben attrezzata.
Così è accaduto a noi, sposi dal 2016, ma in attesa del primo figlio per oltre tre anni: una prova faticosa, con le tentazioni dello scoraggiamento, della rivolta contro il Signore e anche di una sottile invidia per le amiche che avevano già partorito…
Ma poi, finalmente, nell’agosto del 2020, incontriamo una signora argentina, Lilia, molto devota a un Santo che, ci assicura, fa nascere i bambini: ed era proprio così! Ettore era già in viaggio e ci ha raggiunti lo scorso 25 aprile, la nostra Festa della Liberazione!
Proprio come accadde a Elisabetta nel Vangelo di questa Domenica, il sentire muoversi il bimbo è stata un’emozione fortissima, come anche per il papà assistere al parto e piangere di gioia per il miracolo di una nuova vita. Davvero la vita è uno straordinario Dono di Dio: “Difatti in Lui viviamo, ci muoviamo e siamo” (At 17,28). E come non ammirare la bellezza dell’istinto: appena nato, Ettore si è attaccato al seno della mamma e ancora oggi ci intenerisce col suo strapazzare di coccole il papà appena tornato dal lavoro.
Da questa esperienza abbiamo imparato a non lamentarci, a gioire e a ringraziare il Signore di quello che abbiamo. La lunga attesa di Ettore ci aiuta a ridimensionare il peso dei sacrifici della vita quotidiana. Alcuni, prima del concepimento, ci mettevano sull’avviso: “Vedrete che, quando arriverà, un figlio vi cambierà la vita!”. È vero: il nostro piccolo ci ha cambiato la vita, ma decisamente in meglio. Ammirando la tenerezza delle sue fattezze e delle sue prime mosse, il dover rinunciare alla pratica di uno sport o a qualche uscita serale, ci sembra davvero poca cosa!
Un insegnamento che vogliamo trasmettere ai più giovani: donare e curare la vita è una gioia immensa e le difficoltà non sono da respingere come negative, perché se affrontate insieme rendono ancor più forte la coppia. Oggi possiamo dire: la lunga attesa del nostro Ettore è stata un fuoco che ci ha temprati, forgiati e uniti ancor di più.
Grazie a Dio, quest’anno a Natale stringeremo in mezzo a noi il nostro piccolo “Gesù Bambino” e davanti al presepe canteremo con gli angeli il nostro “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”!
Paola e Andrea
Domenica 12 Dicembre 2021
III DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C) – GAUDETE
Prima lettura Sof 3,14-18 Il Signore esulterà per te con grida di gioia.
Salmo responsoriale Is 12 Canta ed esulta, perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.
Seconda lettura Fil 4,4-7 Il Signore è vicino!
Vangelo Lc 3,10-18 E noi che cosa dobbiamo fare?
Amare bimbi in affido: aprire la porta di casa affidandosi a Dio
E noi cosa dobbiamo fare?
E’ una domanda, quella della folla, dei pubblicani e dei soldati al Battista, che ci siamo posti spesso e che continuiamo sempre a porci in ogni occasione.
Noi cosa possiamo fare davanti ad un bambino che ha bisogno di essere accolto per un periodo della sua vita? Noi possiamo fare da ponte per crescere. Un ponte con la famiglia naturale su cui il bimbo sa di poter camminare.
La nostra esperienza con gli affidi è iniziata grazie alle Famiglie del Gelso, nate dalle Case della Carità, e con loro abbiamo iniziato ad essere quel ponte.
Un’altra definizione che ci fa sentire genitori affidatari è di essere delle comete nelle loro vite. Essere per loro di passaggio ma lasciare in essi una scia che coscientemente, o incoscientemente, si radichi nel loro essere.
Oggi, sentire parlare di affidi evoca pensieri negativi, ma è necessario parlare e riflettere su questo argomento perché ci sono tanti bambini e famiglie naturali che ne hanno bisogno.
Affido spesso vuol dire recuperare una genitorialità perduta, dare ai genitori il tempo di recuperare e poter riabbracciare i propri cuccioli.
Per noi genitori affidatari credo sia importantissima una cosa: “non giudicare”. Non giudicare la famiglia naturale per qualsiasi voglia motivo, ma mettersi solamente a disposizione del bimbo dandogli tutto l’amore di cui ha bisogno.
E noi cosa dobbiamo fare?
Noi ci siamo sentiti chiamati ad essere genitori in modo diverso, rispondendo di sì anche a una strada che spesso è in salita.
Già, perché se essere genitori non è facile, essere genitori affidatari è ancora più difficile. Il compianto Professor Pascarella diceva sempre “per essere genitori adottivi, o affidatari, bisogna avere un fisico bestiale“.
Però ritenendoci appunto fortunati, come si potrebbe rispondere negativamente a questa chiamata? La fortuna di avere una famiglia crediamo vada condivisa con chi, anche se a volte per poco tempo, ha bisogno di una famiglia.Questi bimbi, arrivati da noi come uccellini caduti dal nido. Noi gli abbiamo offerto il nostro nido, naturale come lo viviamo tutti giorni, e con la condivisione dei sentimenti, delle buone abitudini e della quotidianità, ci mettiamo a disposizione finché possano tornare a sbattere le ali.
Affido è una parola bellissima, piena di coraggio. Affidarsi e fidarsi, come ci invita a fare il profeta Sofonia nella prima lettura: “Tu non temerai più alcuna sventura”, perché “il Signore, tuo Dio, è un salvatore potente”, che “gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia”. E quest’atto di affidamento totale, i bimbi lo fanno con una spontaneità incredibile: da loro possiamo imparare questa spontaneità e immediatezza nel relazionarci con gli altri e col Signore.
Quindi per noi l’affido è diventato una modalità di rispondere alla chiamata di Gesù di “accogliere il prossimo”, cercando di vivere la raccomandazione di an Paolo nella seconda lettura: “La vostra amabilità sia nota a tutti”, perché davvero “il Signore è vicino” e a Lui tutti dobbiamo affidarci! Nel Vangelo il verbo amare si traduce con il verbo dare: per noi significa aprire la porta di casa.
Da noi sono passati bimbi di età diverse, dai cuccioli di 8 mesi ad adolescenti di 14 anni, ed ognuno di loro ci ha donato momenti importanti, che ci hanno aiutato a crescere come famiglia.
A chi volesse iniziare, possiamo dire che non si tratta di una passeggiata, ma anche che sicuramente ne vale la pena.
Eleonora e Alessandro – Casina
Domenica 5 Dicembre 2021
II DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C)
Prima lettura Bar 5,1-9 Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura.
Salmo responsoriale Sal 125 Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
Seconda lettura Fil 1,4-6.8-11 Siate integri e irreprensibili per il giorno di Cristo.
Vangelo Lc 3,1-6 Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Riempire i burroni della rabbia e del dolore: la storia “impervia” di Camilla e una lenta risalita
A dicembre 2017 è nata la nostra prima bambina, Camilla, dopo una gravidanza splendida, con tutti i controlli del caso andati bene.
Purtroppo, alla nascita risultò affetta da Epidermolisi Bollosa, una terribile malattia genetica che rende la pelle e tutti gli epiteli di rivestimento estremamente fragili, al punto che anche la minima frizione provoca delle bolle simili a quelle provocate dalle ustioni; ustioni che devono essere bendate e medicate in attesa che guariscano lentamente, molto più lentamente di quanto accada normalmente. Inizialmente non mostrava molte ferite, ma in pochissime ore il suo corpo si riempì di bolle e quindi di ferite e questo rese molto complesso qualsiasi tipo di contatto fisico con Lei.
Nonostante tutto, dopo 40 giorni di ospedale e di “ lezioni “ su come gestire questa situazione devastante, siamo riusciti a portare a casa la piccola. Le giornate iniziavano tutte con 4-5 ore di lunghe medicazioni con materiali speciali che non danneggiassero la sua pelle. Qualsiasi azione, anche la più semplice, doveva essere adattata alla sua fragilità. In alcuni giorni le ferite le chiudevano il nasino, in altre le davano fastidio durante le poppate, alcuni giorni non riusciva nemmeno a mangiare e spesso dovevamo inventarci modi diversi per coccolarla senza farle male, ma la cosa più straordinaria era vederla sempre sorridente nel tempo libero tra una medicazione e l’altra, quando tutto sembrava quasi normale.
Nonostante tutti i nostri sforzi, forse non all’altezza di un problema così grande, a settembre 2018, lei se ne è andata sotto ai nostri occhi per una grave sovra infezione, che è purtroppo una delle complicazioni più frequenti di questa malattia.
Quando una ferita spirituale è così profonda da non guarire, probabilmente è perché è stata causata da un’ingiustizia che non siamo in grado di accettare.
Questo almeno è quello che abbiamo provato noi quando abbiamo perso la nostra bambina.
Perdere un figlio piccolo per una malattia grave ed estremamente dolorosa è stato e resta ad oggi una “punizione“ inaccettabile, una condanna inspiegabile, un dolore incolmabile.
Abbiamo passato molto tempo a chiederci il perché, perché a Lei, e quindi a mettere in discussione tutto.
Il tempo dell’incertezza e del dolore è pericoloso perché si riempie di rabbia.
Nonostante tutte le difficoltà l’unica cosa che non abbiamo mai messo in discussione è stato il nostro amore, l’amore l’uno per l’altra e l’amore che abbiamo generato insieme.
Ci siamo accorti di quanto la noiosa normalità sia profondamente bella.
Abbiamo capito che le cose semplici sono le più belle e deciso che la nostra speranza fosse quella di intraprendere un duro lavoro con mente e corpo per provare a costruire o meglio ricostruire tutto quello che abbiamo perso.
Ora abbiamo un bambino non ammalato, arrivato come un dono. Tutti i bambini sono un dono, ma nel nostro caso lo è molto di più. Lui riempie il nostro cuore di gioia, che ovviamente non sostituisce tutto il dolore, ma lascia davvero poco spazio a quella ferocissima rabbia. Un po’ come gli esiliati cui si rivolge il profeta Baruc nella prima lettura, desideriamo “spogliarci della veste del lutto e dell’afflizione”, per rivestirci “dello splendore della gloria che ci viene da Dio per sempre” (cf. Bar. 5,1)
Ci siamo sposati in chiesa e abbiamo il desiderio di allargare ancora la nostra famiglia ed è forse proprio così, che per noi Dio non si è fermato, neppure davanti a una tortuosità della vita così forte.
Rimane comunque molto difficile pensare che tutto il nostro dolore fosse necessario per avere questa felicità nel cuore…ci rendiamo conto che non siamo così bravi come fedeli, sicuramente abbiamo ancora molto lavoro da fare, per accettare la mancanza di Camilla e quindi smettere di pensare a quel “perché”, concentrandoci su tutto quello che abbiamo ricevuto dopo.
Dobbiamo ricordare che “Ogni uomo che fa esperienza dell’amore, viene in contatto con il Mistero di Cristo in un modo che noi non conosciamo” (Gaudium et spes 22); pensiamo che la nostra strada, anche se “tortuosa e impervia” (cf. Luca 3,5), sia ancora lunga, ma di esserne almeno a un certo punto.
Christian e Giulia
Domenica 28 Novembre 2021
I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C)
Prima lettura Ger 33,14-16 Farò germogliare per Davide un germoglio giusto.
Salmo responsoriale Sal 24 A te, Signore, innalzo l’anima mia, in te confido.
Seconda lettura 1Ts 3,12-4,2 Il Signore renda saldi i vostri cuori al momento della venuta di Cristo.
Vangelo Lc 21,25-28.34-36 La vostra liberazione è vicina.
Arriva giusto in tempo, questo nuovo tempo di Avvento. Se nella preghiera ne sappiamo cogliere la portata, è il tempo favorevole della risalita, di una possibilità rinnovata di un bene vero, umile e silenzioso, come quello vissuto da san Giuseppe, che papa Francesco ci presenta come modello di santità per le persone comuni, quelle che fanno andare avanti la vita col dono quotidiano di sé stessi. Così, presenteremo su La Libertà cinque storie di famiglie e persone “normali”, che nella vita di ogni giorno vivono l’Avvento di Gesù, coltivandone i segni della Sua dolce e forte Presenza.
Come insegnanti della Scuola dell’infanzia e Nido Sacro Cuore di Casina, ci siamo confrontate sul brano del Vangelo di inizio Avvento, trovandovi echi nella vita della nostra Scuola e delle nostre famiglie.
Anzitutto, la profezia di Gesù sui “segni”, le “ansie”, l’”angoscia” e la “paura” ci ha rimandati all’anno scolastico precedente, quando, dovendo affrontare un nemico invisibile come il Covid, non eravamo mai del tutto sicure di aver rispettato i protocolli per l’accoglienza e l’igienizzazione. Inoltre, si insinuavano anche paure sul mantenimento del posto di lavoro e se e come avremmo potuto riprendere un’attività didattica “normale”. Non da meno i timori di portare a casa il contagio e il sapere del pianto delle figlie di una maestra che aveva contratto il virus. In positivo, durante il lockdown abbiamo vissuto la gioia di essere in casa tutti insieme, tutto il giorno, potendo così ridare il primato all’intimità domestica, all’ascolto dei famigliari, alla suddivisione dei compiti… inoltre abbiamo valorizzato il Dono di vivere in luoghi “verdi”, in cui era possibile stare all’aperto e “respirare”, coi polmoni, ma anche con l’anima! Infine, aldilà delle difficoltà di comunicazione online, proprio le difficoltà ci hanno motivato a essere più unite e dare il meglio di noi stesse: i bambini sentono il nostro stato d’animo, assorbono tantissimo e al tempo stesso ci donano tantissimo, col loro amore incondizionato.
“Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”: i problemi, presenti ancor oggi che stiamo riprendendo la didattica consueta, non ci hanno affossate, perché conosciamo il bisogno dei bambini di stare in comunità e la nostra missione di creare per loro un ambiente sereno.La bellezza del nostro compito educativo è per noi fonte di Speranza, perché ci rendiamo conto di poter contribuire a rendere un po’ migliore il mondo in cui viviamo, a partire dal luogo più bello e delicato che ci sia: il cuore dei bambini. “State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso”. Con l’inizio del nuovo anno scolastico, abbiamo presentato ai bambini il progetto sull’Arca di Noè, con tanti insegnamenti applicabili alla loro vita: la vigilanza di Noè, capace di fidarsi del progetto di Dio e di mettere in pratica i Suoi consigli, la differenza fra la scelta del Bene (spesso difficile e faticoso) e la scelta del male, più comodo, ma fonte di infelicità,la necessità di convivere a volte in spazi ristretti, rispettando i compagni di viaggio.Piccoli semi di sapienza biblica, che crediamo il Signore farà germogliare nei bambini, rendendoli consapevoli di essere unici e preziosi, secondo il Progetto di bene che Dio ha pensato per ciascuno di loro e per le nostre comunità.
Le insegnanti della Scuola paritaria dell’infanzia e Nido Sacro Cuore di Casina
Domenica 21 Novembre 2021 – Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo
XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
Prima lettura Dn 7,13-14 Il suo potere è un potere eterno.
Salmo responsoriale Sal 92 Il Signore regna, si riveste di splendore.
Seconda lettura Ap 1,5-8 Il sovrano dei re della terra ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio.
Vangelo Gv 18,33-37 Tu lo dici: io sono re.
CRISTO E’ RE DELLA NOSTRA VITA E DELLA NOSTRA FAMIGLIA?
In questa Domenica di Cristo Re,vediamo Gesù che di fronte a Pilato risponde: “Tu lo dici: io sono re!”. In altre parole afferma: io sono il Signore della storia e del tempo. Come coppia e come famiglia, ci interroghiamo su questa domanda: Cristo è Re e Signore della nostra vita?
Per noi lo è quando, di fronte alle decisioni quotidiane, ci rivolgiamo a Lui per iniziare a vivere il Suo Regno già qui e ora.
“Il mio Regno non è di questo mondo”: quindi Gesù ci dice che scegliere Lui, non è semplice e spesso ci pone in contrasto con lo stile, le proposte e i modelli di vita che ci vengono presentati dal mondo di oggi.
Come possiamo concretamente scegliere Gesù come Re della nostra vita?
Come INDIVIDUI ci troviamo di fronte a noi stessi e alle relazioni con gli altri: mi accetto e mi voglio bene così come sono, con la consapevolezza che Dio ci ama e ci ha chiamato per nome perché siamo unici ed irripetibili? Nelle nostre Comunità cristiane e più in generale in mezzo agli altri, siamo segno e testimonianza della gioia di sentirci amati e quindi amare a nostra volta gratuitamente? Per esempio ultimamente ci rendiamo conto della necessità, soprattutto dopo questo ultimo anno di pandemia, di contribuire a creare un ambiente sereno e positivo basato sul rispetto reciproco e sulla valorizzazione delle persone.
Come COPPIA di sposi cristiani abbiamo detto il nostro “si” il giorno del matrimonio, ma è ogni giorno nelle nostre piccole decisioni di amarci che mettiamo Cristo come base della nostra vita di coppia. Quando di fronte ai tanti impegni che ci assorbono e ci inghiottiscono decidiamo di fermarci per prenderci del tempo per noi due e per crescere nella relazione, sentiamo che ci diamo vita l’un l’altro. In questi momenti sentiamo che viviamo una relazione piena e viviamo il Suo Regno nella nostra vita di tutti i giorni. In mezzo ai nostri amici e a chi incontriamo come coppia, siamo segno della bellezza e della forza del sacramento del matrimonio?
Come FAMIGLIA abbiamo la responsabilità di fare scelte per l’educazione dei figli e di testimoniare loro il nostro stile di cristiani. E’ un cammino impegnativo fatto di scelte importanti ma anche di piccole decisioni quotidiane. Mettiamo Gesù come Re della nostra vita quando come famiglia riusciamo a gioire delle piccole cose, passiamo momenti sereni insieme decidendo di fermarci dal “fare”, di non guardare al disordine, di giocare e dialogare con i nostri figli.
Ci sentiamo chiamati in prima persona, come coppia e come famiglia a trasmettere intorno a noi la gioia di essere figli Amati in cui il Re della nostra vita è prima di tutto un Padre.
Alessandro ed Elena – Parrocchia di S.Prospero di Correggio, Unità Pastorale Beata Vergine delle Grazie
Domenica 14 Novembre 2021
XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
Prima lettura Dn 12,1-3 In quel tempo sarà salvato il tuo popolo.
Salmo responsoriale Sal 15 Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Seconda lettura Eb 10,11-14.18 Cristo con un’unica offerta ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.
Vangelo Mc 13,24-32 Il Figlio dell’uomo radunerà i suoi eletti dai quattro venti.
Abbiamo spesso, nella nostra crescita, pensato al regno di Dio come alla compiutezza del Paradiso, con un rimando forte alla vita eterna ultraterrena.
E’ sicuramente una prospettiva corretta quella messianica, ma nel crescere e vivere le circostanze quotidiane pian piano si è fatta strada in noi anche una prospettiva più concreta e più terrena: il regno di Dio è quello che costruisco vivendo, giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, intorno a me, ed anche (forse primariamente) dentro di me.
“Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina”. Ecco, quando alcune nostre rigidità si ammorbidiscono, quando lasciamo spazio alla tenerezza per noi stessi, i nostri figli, colleghi, amici e finanche nemici, quando spuntano foglie di perdono, accoglienza, misericordia…è questo il regno di Dio, ed è sempre più vicino!
Una sensazione di salvezza già ci invade, perché siamo meno schiavi di noi stessi e più liberi di amare.
Questa costruzione del regno di Dio è pertanto frutto non tanto di volontarismo e attivismo, ma piuttosto deriva dal riconoscere di essere già stati salvati; noi cristiani possiamo rialzarci sempre e affrontare anche le tempeste perché c’è chi ha già vinto per noi! Per esempio, nella nostra vita di genitori, possiamo e talvolta dobbiamo “allentare la presa” sulle cose concrete o preoccupanti per vivere “lasciandoci fare” da Colui che ci ha salvato.
Un’ulteriore riflessione che ci viene da condividere è questa: il regno di salvezza è spesso veicolato nella nostra vita da presenze amiche, “giuste”, che con la loro luminosità, con la loro vicinanza, o anche solo col loro esempio, ci portano a vivere il rapporto con noi stessi e la vita in modo più vero e umano. E’ bello riconoscere nella nostra storia personale “coloro che avranno introdotto molti alla giustizia; risplenderanno come le stelle per sempre”
Questa domenica sia quindi l’occasione di gratitudine per Gesù, nostro Salvatore, e per quantici hanno portato giustizia e salvezza, veramente possibili solo nell’amore.
Chiediamo che la nostra vita e le nostre opere, illuminate dalle parole che “non passeranno”, rendano sempre più “vicino, alle porte” il nostro Salvatore, in vigile, operosa e gioiosa attesa che già realizza ciò che promette.
Giovanni e Teresa – Unità pastorale Beata Vergine delle Grazie
Domenica 7 Novembre 2021
XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
Prima lettura 1Re 17,10-16 La vedova fece con la sua farina una piccola focaccia e la portò a Elia.
Salmo responsoriale Sal 145 Loda il Signore, anima mia.
Seconda lettura Eb 9,24-28 Cristo si è offerto una volta per tutte per togliere i peccati di molti.
Vangelo Mc 12,38-44 Questa vedova, nella sua povertà, ha dato tutto quello che aveva.
Gli scribi e la vedova: Gesù non ha timore di contrapporre i due atteggiamenti che caratterizzano i protagonisti del vangelo di questa domenica.
Da una parte gli scribi hanno il potere nel tempio con i sacrifici e i riti, ma accanto all’essenziale danno importanza all’esteriorità, mettendosi in mostra e primeggiando sugli altri. Divorano e offrono solo il loro superfluo alla cassa del tempio.
Dall’altra una povera vedova mendicante sacrifica gli ultimi due spiccioli, che le sono rimasti, per il tesoro del tempio. Questo tesoro veniva finalizzato al culto e ai poveri, quindi a Dio e al prossimo. Mentre tutti vi gettano quel che non implica rischi, quel che se lo si fa o no non cambia molto, la povera vedova getta «tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». Ossia consegna e affida la sua vita. Avendo due spiccioli, generosamente li getta entrambi, quando invece poteva tenerne almeno uno. E’ un’inezia agli occhi degli altri, ma un grande sacrificio per lei costretta a vivere di elemosine.
Gesù richiama tutti all’essenziale, alla verità dei gesti, a non lasciare che l’apparenza prevalga sulla sostanza come accade, a volte, anche nelle nostre vite. Ci educa ad uno sguardo nuovo, al modo con il quale guardiamo gli altri e ci relazioniamo.
In famiglia impariamo a donarci senza riserve all’altro, non diamo i ritagli di tempo o di affetto, ma tutto l’amore di cui siamo capaci, tutta l’energia che portiamo nel cuore.
Come famiglie dovremmo interrogarci su cosa doniamo a quelli che hanno meno di noi, ai più poveri. Noi che facilmente buttiamo via il cibo, a volte diamo ai poveri qualcosa che non ci serve più, siamo disposti a rinunciare a ciò che ci piacerebbe possedere o consumare? La vera carità si fa non da quello che ci avanza, ma da quello che ci è indispensabile.
Di fronte ai bisogni degli altri siamo invitati ad utilizzare il tempo necessario, non solo quello che ci rimane. Siamo chiamati a offrire subito e senza riserve qualche nostro talento, non dopo averlo utilizzato per i nostri scopi personali.
Per educarci insieme ai figli alla solidarietà e alla fratellanza non servono tante spiegazioni a parole, contano l’esempio ed i fatti. Rinunciare a qualche abitudine, a qualche comodità che diamo per scontate, dividere il proprio pane, donarne la metà al povero che bussa alla porta è la strada del dono, della condivisione. Se i nostri figli proveranno una certa fame o scomodità per la rinuncia fatta, sicuramente quel gesto di gratuità rimarrà impresso nel loro cuore più di mille prediche.
Imitiamo la vedova oggi senza rimandare al domani, diamo a Dio e ai fratelli tutto ciò che ci è vitale e più caro e prezioso.
Chiediamo al Signore di metterci alla scuola di questa povera vedova che tra lo stupore dei discepoli, Gesù presenta come maestra di vangelo vivo per aprire i nostri cuori alle necessità dei fratelli.
Una famiglia di San Quirino – Unità pastorale Beata Vergine delle Grazie
Domenica 31 Ottobre 2021
XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
Prima lettura Dt 6,2-6 Ascolta, Israele: ama il Signore tuo Dio con tutto il cuore.
Salmo responsoriale Sal 17 Ti amo, Signore, mia forza.
Seconda lettura Eb 7,23-28 Egli, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta.
Vangelo Mc 12,28-34 Amerai il Signore tuo Dio. Amerai il prossimo tuo.
In questo passo del Vangelo di Marco, incontriamo l’ultimo confronto tra Gesù e i capi giudaici. Se nei precedenti vi era stato uno scontro, ora Gesù e lo scriba si confrontano su un punto fondamentale, qual è il primo dei comandamenti.
Alla domanda dello scriba su quale sia il più grande dei comandamenti, Gesù risponde con le parole della scrittura (Dt 6,4-5 e Lv 19,18) dove l’ascolto, l’unicità di Dio e l’amore rendono questo brano centrale in tutta la Scrittura.
La dimensione dell’ascolto è per Gesù il presupposto per costruire la relazione con Dio. Il primo passo è sempre il suo, Dio vuole comunicare con noi, e la prima cosa che Gesù ricorda è che Dio è l’unico Signore. Non possiamo avere altri idoli da adorare. Affermazione che vale per l’uomo di allora come per l’uomo di oggi. L’unicità di Dio è l’elemento fondamentale della relazione che Egli ci chiede di avere con lui.
Dio ci chiede di fare una scelta, di sceglierlo in modo chiaro e univoco. Si tratta di una scelta libera, che esige un nostro sì e che ci trasforma profondamente.
È attraverso questo sì che è allora possibile amarlo come Gesù ci chiede, con tutto noi stessi, cuore, anima, mente, forza. È un uomo completo quello che è interpellato, nella sua storia reale, nella vicenda umana che è la propria vita.
Il secondo comandamento è quello di amare il prossimo come se stessi. Non si tratta di una successione di valore, ma di ribadire come l’amore verso gli altri rappresenti pienamente la manifestazione nella storia dell’amore che Dio ha per noi. Un amore che ci viene donato gratuitamente e che deve essere offerto attraverso la quotidianità dei nostri gesti, l’attenzione nelle nostre famiglie, la cura di coloro che sono in difficoltà. Un riversare nella storia la tanta sovrabbondanza di misericordia e di grazia che ci è stata donata.
Infine, Gesù risponde allo scriba dicendogli che egli non è lontano dal Regno di Dio. E questa vicinanza al Regno è possibile proprio perché il Regno è Gesù stesso. Ed Egli è con ognuno di noi, proprio grazie a questa relazione di amore. È in questo senso che noi possiamo sperimentare nella nostra quotidianità i raggi di quella pienezza che potrà essere vissuta solo dopo la morte. Gesù ci rimanda quindi a uno sguardo escatologico sull’oggi, che lo illumina e lo fa diventare anticipazione dell’incontro pieno.
Ecco che è possibile, per concludere, vedere come questa dimensione di ascolto si colleghi al tempo di cammino sinodale che stiamo vivendo. Un tempo dove l’ascolto permeato da uno sguardo di amore può mettere la Chiesa a servizio dell’uomo per favorire l’incontro con Dio.
Domenica 24 Ottobre 2021
XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
Prima lettura Ger 31,7-9 Riporterò tra le consolazioni il cieco e lo zoppo.
Salmo responsoriale Sal 125 Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
Seconda lettura Eb 5,1-6 Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek.
Vangelo Mc 10,46-52 Rabbunì, che io veda di nuovo!
Il cieco grida: “Abbi pietà di me!”. Quante volte ci sentiamo ciechi, quante volte non riusciamo a vedere bene e a capire dove stiamo andando. I contorni delle nostre azioni ci appaiono sfuocati e non riusciamo a comprendere il senso profondo del nostro vivere quotidiano. Forse ci vorrebbe il coraggio, come il cieco di Gerico, di urlare, di provare a spezzare il buio nel quale faticosamente ci trasciniamo.
Chi può illuminare questo buio? Il cieco riconosce che il Signore sta passando nella sua vita e riconosce in lui il potere di liberarlo da ciò che gli impedisce di vivere una vita piena. Si riconosce bisognoso di aiuto e invoca con fede la misericordia di Dio. Gesù non è sordo a questo grido, anzi, subito si ferma e lo chiama a sé. Il suo amore lo guarisce. Il cieco riacquista la vista e, con essa, la possibilità di vivere in modo pieno la sua esistenza.
Non siamo soli. Non nasciamo dal nulla e non torniamo al nulla. Siamo nati dal pensiero e dalla volontà di Dio, dalle sue mani e dal suo desiderio d’amore. Queste mani e questo sguardo non ci abbandonano. A noi, solo, riconoscere la sua presenza e capire che a lui dobbiamo rivolgerci con una supplica sincera e con la forza della fede: “Abbi pietà di me!”. E’ Gesù che dobbiamo invocare, senza timore o diffidenza, anche con un grido, perché egli è pronto a chinarsi su di noi, a interrompere il suo cammino, per risollevarci e ridarci forza e luce. Fede è abbandono fiducioso in Dio, è credere che lui ci ami indipendentemente dai nostri meriti o dalla nostra condizione, che ci guardi sempre con amore, come una madre guarda suo figlio, e desideri per noi ogni bene. Gesù infatti non ha ridato la vista al cieco perché era un brav’uomo o aveva fatto azioni meritevoli, ma perché lo ha chiamato per nome, riconoscendo in lui colui che poteva salvarlo. Se comprenderemo che è a lui che dobbiamo rivolgerci e ci abbandoneremo con fiducia credendo con fede che egli possa agire nella nostra vita, allora anche per noi si compiranno le parole di Gesù: “Va’, la tua fede ti ha salvato!”.
Domenica 17 Ottobre 2021
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
Prima lettura Is 53,10-11 Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza.
Salmo responsoriale Sal 32 Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo.
Seconda lettura Eb 4,14-16 Accostiamoci con piena fiducia al trono della grazia.
Vangelo Mc 10,35-45 Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti.
Nel Vangelo di oggi è bello vedere come Gesù di fronte alla richiesta “impertinente” dei discepoli, che finiscono per comandarlo ( “… vogliamo che …”), così come di fronte alle nostre domande “impertinenti”, ascolta senza pregiudizio, conducendoci alla ricerca del significato profondo delle domande che ci abitano: “Che cosa volete che io faccia per voi?”
Non sappiamo da cosa si origini la domanda dei discepoli, se da un bisogno di protagonismo, dalla stoltezza di chi in fondo non ha capito che cosa significhi “bere il calice”, da un desiderio di vivere per sempre la bellezza della vicinanza al Maestro, o da altro … certo è che Gesù coglie l’occasione per andare al fondo della domanda posta e ri-orientare quel desiderio umanissimo di riconoscimento dei discepoli verso un modo diverso, altro, da quello della “logica del capo”, passando dal potere sugli altri al servizio reciproco incondizionato.
In realtà la richiesta di Giacomo e Giovanni, che forse anche a noi a prima vista appare come impertinente, ci appartiene molto di più di quanto pensiamo: per capirlo basta interrogarci su cosa suscitino in noi le parole di Gesù “chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti”; se rappresentino davvero una buona notizia, o se in realtà, le recepiamo come una proposta troppo alta, quasi invivibile e insopportabile, inaccettabile se calata nei nostri vissuti quotidiani. Pensiamo ad esempio alle relazioni che viviamo in famiglia, anche con i figli, dove spesso più che la logica del servizio viviamo affermando/imponendo le nostre convinzioni, il nostro modo di essere e di fare, lasciando spesso poco spazio all’ascolto, all’accoglienza, alla fiducia, perché altrimenti abbiamo l’impressione di perdere qualcosa di noi e del rispetto che ci è dovuto; forse perché l’altro, che non conosciamo mai completamente, può mettere in discussione le nostre sicurezze, le nostre abitudini, i nostri piccoli “programmi” condizionandoci? … ma lo stesso, potremmo dire per ogni relazione, con gli amici, al lavoro, nei contesti sociali e politici, nelle comunità cristiane, fino all’ambito del volontariato in cui è facile diventare protagonisti: viviamo realmente servendo?
Gesù vive e ci invita a vivere in un modo diverso da quello “del mondo”, senza custodire nulla per sé, perchè in fondo condividere ciò che siamo ci può liberare dalla tentazione di “salvarci da soli” per poi scoprirci in realtà soli, e finalmente farci sentire a casa … e questa è decisamente un buona notizia!
Domenica 10 Ottobre 2021
XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B
Prima lettura Sap 7,7-11 Al confronto della sapienza stimai un nulla la ricchezza.
Salmo responsoriale Sal 89 Saziaci, Signore, con il tuo amore: gioiremo per sempre.
Seconda lettura Eb 4,12-13 La parola di Dio discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
Vangelo Mc 10,17-30 Vendi quello che hai e seguimi.
Il vangelo di Marco è scritto con uno scopo, quello di presentarci la persona di Gesù e quello di insegnarci ad essere suoi discepoli. Il discepolo che ci viene presentato oggi è un discepolo che paradossalmente non ci sta, se ne torna a casa. Il Vangelo ci riporta che era un uomo ricco e Gesù spiega agli apostoli che è impossibile ad un uomo ricco entrare nel regno di Dio e che solo Dio può riuscirci e salvare ciascuno di noi.
Quali sono le caratteristiche per diventare discepoli che possiamo cogliere nelle letture di oggi?
- “Mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro”: un primo aspetto è il cercare l’incontro con il Signore, mettersi in cammino verso di Lui, anche quando il cammino porta a Gerusalemme, porta alla croce.
- “Gettandosi in ginocchio gli domandò: Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”: un’altra caratteristica è riconoscerlo davanti agli altri ed essere capaci di porgli le domande giuste, quelle che ci consentono di essere salvati e che coinvolgono le schegge di eternità che portiamo dentro.
- “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo”: occorre sapersi mettere in ombra per consentire agli altri di cogliere i segni del Creatore in noi creature; Gesù stesso non vuole essere chiamato buono perché solo il Padre è buono.
- “Tu conosci i comandamenti”: ci chiede di servire le persone che ci sono vicine, tutte le persone che la vita ci mette intorno, il nostro prossimo, perché è il modo più evidente che abbiamo per mostrare il nostro amore verso il Padre.
- “Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: Una cosa sola ti manca…”. C’è il salto più difficile da compiere: Gesù ci chiede, come ha chiesto al ricco del Vangelo, di fare un passo avanti, chiede un “di più”, chiede di non porre la nostra fiducia nei nostri beni, in ciò che possediamo, di non confidare nelle nostre ricchezze, ma chiede di lasciarci guardare da Lui, di sentire che siamo dentro ad uno sguardo d’amore e che ci possiamo fidare di chi ci guarda. Gesù vuole per noi la pienezza della gioia, sa che, staccandoci dai beni di questo mondo e ponendo la nostra fiducia in Lui, riceveremo il centuplo in questa terra e nel futuro la vita eterna. Ci viene chiesto insomma di smettere di porre le nostre sicurezze nelle nostre forze, nei nostri beni, in ciò che possediamo, e di riconoscere che siamo beneficiari di numerosi doni tra cui la gratuità della salvezza.
Chiediamo che lo Spirito di Sapienza, che vale più di tutte le ricchezze, ci renda capaci di vivere come autentici discepoli, riconoscendo che siamo destinatari di doni e che a nostra volta possiamo fare della nostra vita un dono per gli altri.
Domenica 3 Ottobre 2021
XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B
Prima lettura Gen 2,18-24 I due saranno un’unica carne.
Salmo responsoriale Sal 127 Ci benedica il Signore tutti i giorni della nostra vita.
Seconda lettura Eb 2,9-11 Colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine.
Vangelo Mc 10,2-16 L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto.
Due settimane fa, abbiamo ascoltato S. Giacomo ammonire: “… chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni”. Quando ci interroghiamo sul matrimonio, limitarsi agli aspetti giuridici o scandalistici, che le società di ogni epoca dibattono, non consente di giungere al cuore, che è la relazione d’amore indissolubile tra l’uomo e la donna.
La risposta di Gesù sembra racchiusa nella parola ‘casa’. Perché ognuno sa di casa sua. È vivendo l’intimità della casa che i coniugi creano le condizioni affinché i semi dell’amore sponsale germoglino. È in casa che insieme assumono le scelte per la famiglia. È lì che, a volte, crescono paure e mali profondi che entrambi faticano a cogliere, allontanano e possono condurre a tradimenti, separazioni, fino, ahimè, a reazioni e gesti violenti. È a casa che i discepoli continuano ad interrogare il Signore.
Ci immaginiamo che Gesù, nel segreto dell’amicizia, abbia ascoltato le confidenze di ciascuno. Rispondendo non secondo la legge, ma secondo quello Spirito d’Amore che ha già visto operare nella vita. Quando parla di matrimonio e di ripudio, Gesù sa di cosa sta parlando: delle tante situazioni già incontrate, ma, forse, anche di quella casa che Marco sembra trascurare nel suo Vangelo. Conosce le storie e i cuori di Maria e Giuseppe, una donna e un uomo che scelgono liberamente di affidarsi all’amore del Signore, che li ha raggiunti e toccati, invitandoli a diventare una cosa sola e camminare insieme nel Mistero. Nella semplicità di ogni giorno, in una dedizione fedele e incondizionata per la famiglia e per il lavoro. Gesù è consapevole che raramente la vita si svolge secondo i nostri piani e che un matrimonio è segnato non solo dai fatti che molti conoscono, ma soprattutto dalla fatica e dalla gioia quotidiana di essere in comunione, umana ma essenzialmente divina, anche quando tutto sembra perduto ancor prima di iniziare. Sa che il ‘noi’ non nasce magicamente.
Al volto di un Dio che si impone sulla nostra vita, Gesù contrappone la tenerezza di un Padre Creatore che dona tutto se stesso ai suoi figli, perché ha a cuore la loro felicità. Ai piedi, che con un calcio allontanano in gesto di ripudio, Gesù contrappone braccia e mani che prendono con sé l’altro, lo benedicono, lo accudiscono.
Ai coniugi spetta la scelta di coltivare il desiderio naturale di cercare, rispondere e nutrirsi di quell’Amore, come bambini, per chiedere alla Verità di affiorare e portare frutto nella vita di ogni ‘noi’.